Regio decreto 16
marzo 1942 n. 267
Disciplina
del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione
controllata e della liquidazione coatta amministrativa
(G.U.
n. 81, 6 aprile 1942, Supplemento Ordinario)
Titolo
I
DISPOSIZIONI
GENERALI
Art.
1
(Imprese
soggette al fallimento, al concordato preventivo e all'amministrazione
controllata)
Sono
soggetti alle disposizioni sul fallimento, sul concordato preventivo e
sull'amministrazione controllata gli imprenditori che esercitano una
attività commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli
imprenditori.
Sono
considerati piccoli imprenditori gli imprenditori esercenti un'attività
commerciale, i quali sono stati riconosciuti, in sede di accertamento
ai fini della imposta di ricchezza mobile, titolari di un reddito
inferiore al minimo imponibile. Quando è mancato l'accertamento ai
fini dell'imposta di ricchezza mobile sono considerati piccoli
imprenditori gli imprenditori esercenti una attività commerciale
nella cui azienda risulta essere stato investito un capitale non
superiore a lire trentamila . In nessun caso sono considerate piccoli
imprenditori le società commerciali .
Art.
2
(Liquidazione
coatta amministrativa e fallimento)
La
legge determina le imprese soggette a liquidazione coatta
amministrativa, i casi per le quali la liquidazione coatta
amministrativa può essere disposta e l'autorità competente a
disporla.
Le
imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa non sono
soggette al fallimento, salvo che la legge diversamente disponga.
Nel
caso in cui la legge ammette la procedura di liquidazione coatta
amministrativa e quella di fallimento si osservano le disposizioni
dell'art. 196.
Art.
3
(Liquidazione
coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione
controllata)
Se
la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione
coatta amministrativa possono essere ammesse alla procedura di
concordato preventivo e di amministrazione controllata, osservate per
le imprese escluse dal fallimento le norme del settimo comma dell'art.
195.
Le
imprese esercenti il credito non sono soggette all'amministrazione
controllata prevista da questa legge.
Art.
4
(Rinvio
a leggi speciali)
L'agente
di cambio è soggetto al fallimento nei casi stabiliti dalle leggi
speciali.
Sono
salve le disposizioni delle leggi speciali circa la dichiarazione di
fallimento del contribuente per debito d'imposta.
Titolo
II
DEL
FALLIMENTO
Capo
I
DELLA
DICHIARAZIONE DI FALLIMENTO
Art.
5
(Stato
d'insolvenza)
L'imprenditore
che si trova in stato d'insolvenza è dichiarato fallito.
Lo
stato d'insolvenza si manifesta con inadempimenti od altri fatti
esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di
soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.
Art.
6
(Iniziativa
per la dichiarazione di fallimento)
Il
fallimento è dichiarato su richiesta del debitore su ricorso di uno o
più creditori, su istanza del pubblico ministero oppure d'ufficio.
Art.
7
(Stato
d'insolvenza risultante in sede penale)
Quando
l'insolvenza risulta dalla fuga o dalla latitanza dell'imprenditore,
dalla chiusura dei locali dell'impresa, dal trafugamento, dalla
sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell'attivo da parte
dell'imprenditore, il procuratore del Re Imperatore che procede contro
l'imprenditore deve richiedere il tribunale competente per la
dichiarazione di fallimento.
Art.
8
(Stato
d'insolvenza risultante in giudizio civile)
Se
nel corso di un giudizio civile risulta l'insolvenza di un
imprenditore che sia parte nel giudizio, il giudice ne riferisce al
tribunale competente per la dichiarazione del fallimento.
Art.
9
(Competenza)
Il
fallimento è dichiarato dal tribunale del luogo dove l'imprenditore
ha la sede principale dell'impresa.
L'imprenditore,
che ha all'estero la sede principale dell'impresa, può essere
dichiarato fallito nel Regno anche se è stata pronunciata
dichiarazione di fallimento all'estero.
Sono
salve le convenzioni internazionali.
Art.
10
(Fallimento
dell'imprenditore che ha cessato l'esercizio dell'impresa)
L'imprenditore
che per qualunque causa, ha cessato l'esercizio dell'impresa, può
essere dichiarato fallito entro un anno dalla cessazione dell'impresa,
se l'insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro
l'anno successivo.
Art.
11
(Fallimento
dell'imprenditore defunto)
L'imprenditore
defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni
stabilite nell'articolo precedente.
L'erede
può chiedere il fallimento del defunto, purché l'eredità non sia già
confusa con il suo patrimonio.
Con
la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della
separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del
codice civile.
Art.
12
(Morte
del fallito)
Se
l'imprenditore muore dopo la dichiarazione di fallimento, la procedura
prosegue nei confronti degli eredi, anche se hanno accettato con
beneficio d'inventario.
Se
ci sono più eredi, la procedura prosegue in confronto di quello che
è designato come rappresentante. In mancanza di accordo nella
designazione del rappresentante entro quindici giorni dalla morte del
fallito, la designazione è fatta dal giudice delegato.
Nel
caso previsto dall'art. 528 del codice civile, la procedura prosegue
in confronto del curatore dell'eredità giacente e nel caso previsto
dall'art. 641 del codice civile nei confronti dell'amministratore
nominato a norma dell'art. 642 dello stesso codice.
Art.
13
(Obbligo
di trasmissione dell'elenco dei protesti)
I
pubblici ufficiali abilitati a levare protesti cambiari devono
trasmettere ogni quindici giorni al presidente del tribunale, nella
cui giurisdizione esercitano le loro funzioni, un elenco dei protesti
per mancato pagamento levati nei quindici giorni precedenti. L'elenco
deve indicare la data di ciascun protesto, il cognome, il nome e il
domicilio della persona alla quale fu fatto e del richiedente, la
scadenza del titolo protestato, la somma dovuta ed i motivi del
rifiuto di pagamento.
Eguale
obbligo hanno i procuratori del registro per i rifiuti di pagamento
fatti in conformità della legge cambiaria.
Art.
14
(Obbligo
dell'imprenditore che chiede il proprio fallimento)
L'imprenditore
che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria
del tribunale le scritture contabili, il bilancio e il conto dei
profitti e delle perdite per i due anni precedenti ovvero dall'inizio
dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre
depositare uno stato particolareggiato ed estimativo delle sue attività,
l'elenco nominativo dei creditori e l'indicazione dei rispettivi
crediti, l'elenco nominativo di coloro che vantano diritti reali
mobiliari su cose in suo possesso e l'indicazione delle cose stesse e
del titolo da cui sorge il diritto.
Art.
15
(Facoltà
del tribunale di sentire il debitore)
Il
tribunale, prima di dichiarare il fallimento, può ordinare la
comparizione dell'imprenditore in camera di consiglio e sentirlo anche
in confronto dei creditori istanti.
Art.
16
(Sentenza
dichiarativa di fallimento)
La
sentenza dichiarativa di fallimento è pronunciata in camera di
consiglio.
Con
la sentenza il tribunale:
1)
nomina il giudice delegato per la procedura;
2)
nomina il curatore;
3)
ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili,
entro ventiquattro ore, se non è ancora stato eseguito a norma
dell'articolo 14;
4)
assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali mobiliari
su cose in possesso del fallito, un termine non maggiore di giorni
trenta dalla data dell'affissione della sentenza per la presentazione
in cancelleria delle domande;
5)
stabilisce il luogo, il giorno e l'ora dell'adunanza in cui, nel
termine di giorni 20 da quello indicato nel numero precedente, si
procederà all'esame dello stato passivo.
La
sentenza è provvisoriamente esecutiva.
Con
la stessa sentenza o con successivo decreto il tribunale ordina la
cattura del fallito o degli altri responsabili a carico dei quali
sussistano le circostanze indicate dall'art. 7 o altri indizi di
colpevolezza per i reati previsti in questa legge. La sentenza o il
decreto è comunicato al procuratore del Re Imperatore, che ne cura
l'esecuzione.
Art.
17
(Comunicazione
e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento)
La
sentenza che dichiara il fallimento è comunicata per estratto, a
norma dell'art. 136 del codice di procedura civile, al debitore, al
curatore e al creditore richiedente, non più tardi del giorno
successivo alla sua data. L'estratto deve contenere il norme delle
parti, il dispositivo e la data della sentenza.
Nello
stesso termine, uguale estratto è affisso a cura del cancelliere alla
porta esterna del tribunale e comunicato al pubblico ministero,
all'ufficio del registro delle imprese per l'iscrizione da farsi non
oltre il giorno successivo al ricevimento, e alla cancelleria del
tribunale nella cui giurisdizione il debitore è nato o la società fu
costituita. Si osservano inoltre le disposizioni del codice di
procedura penale, relative al casellario giudiziario.
L'estratto
della sentenza è inoltre pubblicato nel foglio degli annunzi legali
della provincia a cura del cancelliere.
Art.
18
(Opposizione
alla dichiarazione di fallimento)
Contro
la sentenza che dichiara il fallimento il debitore e qualunque
interessato possono fare opposizione nel termine di quindici giorni
dall'affissione della sentenza .
L'opposizione
non può essere proposta da chi ha chiesto la dichiarazione di
fallimento.
L'opposizione
è proposta con atto di citazione da notificarsi al curatore e al
creditore richiedente.
L'opposizione
non sospende l'esecuzione della sentenza.
Art.
19
(Sentenza
nel giudizio di opposizione e gravami)
La
sentenza che revoca il fallimento è notificata al curatore, al
creditore che ha chiesto il fallimento e al debitore, se questi non è
opponente, e deve essere pubblicata, comunicata, affissa ed iscritta a
norma dell'art. 17.
La
sentenza che rigetta l'opposizione è notificata all'opponente.
In
entrambi i casi il termine per appellare è di quindici giorni dalla
notificazione della sentenza.
Alla
sentenza d'appello si applicano le disposizioni del primo e secondo
comma.
Art.
20
(Morte
del fallito durante il giudizio di opposizione)
Se
il fallito muore durante il giudizio di opposizione, il giudizio
prosegue in confronto delle persone indicate nell'art. 12, osservate
le disposizioni degli artt. 299 e seguenti del codice di procedura
civile.
Art.
21
(Revoca
della dichiarazione di fallimento)
Se
la sentenza dichiarativa di fallimento è revocata restano salvi gli
effetti degli atti legalmente compiuti dagli organi del fallimento.
Le
spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal
tribunale con decreto non soggetto a reclamo, su relazione del giudice
delegato.
Le
spese di procedura e il compenso al curatore sono a carico del
creditore istante, che è stato condannato ai danni per avere chiesto
la dichiarazione di fallimento con colpa. In caso contrario il
curatore può ottenere il pagamento, in tutto o in parte, secondo le
modalità stabilite dalle speciali norme vigenti per l'attribuzione di
compensi ai curatori, che non poterono conseguire adeguate
retribuzioni .
Art.
22
(Gravami
contro il provvedimento che respinge l'istanza di fallimento)
Il
tribunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento,
provvede con decreto motivato.
Contro
il decreto il creditore istante può, entro quindici giorni dalla
comunicazione, proporre reclamo alla corte d'appello, la quale
provvede in camera di consiglio, sentiti il creditore istante e il
debitore.
Se
la corte d'appello accoglie il ricorso, rimette d'ufficio gli atti al
tribunale per la dichiarazione di fallimento.
Capo
II
DEGLI
ORGANI PREPOSTI AL FALLIMENTO
Sezione
I
DEL
TRIBUNALE FALLIMENTARE
Art.
23
(Poteri
del tribunale fallimentare)
Il
tribunale che ha dichiarato il fallimento è investito dall'intera
procedura fallimentare; provvede sulle controversie relative alla
procedura stessa che non sono di competenza del giudice delegato;
decide sui reclami contro i provvedimenti del giudice delegato.
Il
tribunale può in ogni tempo sentire in camera di consiglio il
curatore, il fallito e il comitato dei creditori, e surrogare un altro
giudice al giudice delegato.
I
provvedimenti del tribunale nelle materie previste da questo articolo
sono pronunciati con decreto non soggetto a gravame.
Art.
24
(Competenza
del tribunale fallimentare)
Il
tribunale che ha dichiarato il fallimento è competente a conoscere di
tutte le azioni che ne derivano qualunque ne sia il valore e anche se
relative a rapporti di lavoro, eccettuate le azioni reali immobiliari,
per le quali restano ferme le norme ordinarie di competenza.
Sezione
II
DEL
GIUDICE DELEGATO
Art.
25
(Poteri
del giudice delegato)
Il
giudice delegato dirige le operazioni del fallimento, vigila l'opera
del curatore, ed inoltre:
1)
riferisce al tribunale su ogni affare per il quale è richiesto un
provvedimento del collegio;
2)
emette o provoca dalle competenti autorità i provvedimenti urgenti
per la conservazione del patrimonio;
3)
convoca il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e
quando lo ritiene opportuno;
4)
autorizza il curatore a nominare le persone la cui opera è richiesta
nell'interesse del fallimento, salvo che la nomina sia a lui riservata
per legge;
5)
provvede nel più breve termine sui reclami proposti contro gli atti
del curatore;
6)
autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o
come convenuto; nomina gli avvocati ed i procuratori; autorizza il
curatore a compiere gli atti di straordinaria amministrazione, salvo
quanto disposto dall'articolo 35. L'autorizzazione deve essere sempre
data per atti determinati, e per i giudizi deve essere data per ogni
grado di essi;
7)
sorveglia l'opera prestata nell'interesse del fallimento da qualsiasi
incaricato, revocandogli l'incarico se occorre, e ne liquida i
compensi, sentito il curatore;
8)
procede con la cooperazione del curatore all'esame preliminare dei
crediti, dei diritti reali vantati dai terzi, e della relativa
documentazione.
I
provvedimenti del giudice delegato sono dati con decreto.
Art.
26
(Reclamo
contro il decreto del giudice delegato)
Contro
i decreti del giudice delegato, salvo disposizione contraria, è
ammesso reclamo al tribunale entro tre giorni dalla data del decreto,
sia da parte del curatore, sia da parte del fallito, del comitato dei
creditori e di chiunque vi abbia interesse.
Il
tribunale decide con decreto in camera di consiglio.
Il
ricorso non sospende l'esecuzione del decreto.
Sezione
III
DEL
CURATORE
Art.
27
(Ruolo
degli amministratori giudiziari)
Presso
ogni tribunale è istituito il ruolo degli amministratori giudiziari,
fra i quali è scelto il curatore di fallimento. Il tribunale
tuttavia, per motivi da enunciarsi nella sentenza dichiarativa di
fallimento, può scegliere il curatore nel ruolo degli amministratori
di un altro tribunale del distretto della Corte di appello.
In
casi eccezionali, il tribunale, per motivi da enunciarsi nella
sentenza dichiarativa di fallimento, può scegliere il curatore fra
persone idonee anche non iscritte nel ruolo degli amministratori
giudiziari.
Le
norme relative alla formazione del ruolo e alla nomina e disciplina
degli amministratori giudiziari saranno emanate con decreto reale.
Art.
28
(Requisiti
per la nomina a curatore)
Non
può essere nominato curatore e, se nominato, decade dal suo ufficio,
l'interdetto, l'inabilitato, chi sia stato dichiarato fallito o chi
sia stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche
temporanea, dai pubblici uffici.
Non
possono inoltre essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli
affini entro il quarto grado del fallito, i creditori di questo e chi
ha prestato comunque la sua attività professionale a favore del
fallito o in qualsiasi modo si è ingerito nell'impresa del medesimo
durante i due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Art.
29
(Accettazione
del curatore)
Il
curatore deve, entro i due giorni successivi alla partecipazione della
sua nomina, comunicare al giudice delegato la propria accettazione.
Se
il curatore non osserva questo obbligo, il tribunale, in camera di
consiglio, provvede d'urgenza alla nomina di altro curatore.
Art.
30
(Qualità
di pubblico ufficiale)
Il
curatore, per quanto attiene all'esercizio delle sue funzioni, è
pubblico ufficiale.
Art.
31
(Poteri
del curatore)
Il
curatore ha l'amministrazione del patrimonio fallimentare sotto la
direzione del giudice delegato.
Egli
non può stare in giudizio senza l'autorizzazione scritta dal giudice
delegato, salvo in materia di contestazioni e di tardive denunzie di
crediti e di diritti reali mobiliari.
Il
curatore non può assumere la veste di avvocato o di procuratore nei
giudizi che riguardano il fallimento.
Art.
32
(Intrasmissibilità
delle attribuzioni del curatore)
Il
curatore esercita personalmente le attribuzioni del proprio ufficio e
non può delegarle ad altri, tranne che per singole operazioni e
previa autorizzazione del giudice delegato.
Può
essere autorizzato da questo, previo parere del comitato dei
creditori, a farsi coadiuvare da tecnici o da altre persone
retribuite, compreso lo stesso fallito, sotto la propria responsabilità.
Art.
33
(Relazione
al giudice)
Il
curatore, entro un mese dalla dichiarazione di fallimento, deve
presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle
cause e circostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal
fallito nell'esercizio dell'impresa, sul tenore della vita privata di
lui e della famiglia, sulla responsabilità del fallito o di altri e
su quanto può interessare anche ai fini dell'istruttoria penale.
Il
curatore deve inoltre indicare gli atti del fallito già impugnati dai
creditori, nonché quelli che egli intende impugnare. Il giudice
delegato può chiedere al curatore una relazione sommaria anche prima
del termine suddetto.
Se
si tratta di società, la relazione deve esporre i fatti accertati e
le informazioni raccolte intorno alla responsabilità degli
amministratori, dei sindaci, dei soci e, eventualmente, di estranei
alla società.
Nei
primi cinque giorni di ogni mese il curatore deve presentare al
giudice delegato una esposizione sommaria della sua amministrazione ed
esibire, se richiesto, i documenti giustificativi.
Art.
34
(Deposito
delle somme ricosse)
Le
somme riscosse a qualunque titolo dal curatore, dedotto quanto il
giudice delegato con decreto dichiara necessario per le spese di
giustizia e di amministrazione, devono essere depositate entro cinque
giorni presso l'ufficio postale o presso un istituto di credito
indicato dal giudice, con le modalità da lui stabilite.
Il
deposito deve essere intestato all'ufficio fallimentare e non può
essere ritirato che in base a mandato di pagamento del giudice
delegato.
In
caso di mancata esecuzione del deposito nel termine prescritto, il
tribunale dispone la revoca del curatore.
Art.
35
(Integrazione
dei poteri del curatore)
Il
giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, può autorizzare
con decreto motivato il curatore a consentire riduzioni di crediti, a
fare transazioni, compromessi, rinunzie alle liti, ricognizioni di
diritti di terzi, a cancellare ipoteche, a restituire pegni, a
svincolare cauzioni e ad accettare eredità e donazioni.
Se
gli atti suddetti sono di valore indeterminato o superiore a lire
diecimila, l'autorizzazione deve essere data, su proposta del giudice
delegato e sentito il comitato dei creditori, dal tribunale con
decreto motivato non soggetto a gravame.
In
quanto possibile, deve essere sentito anche il fallito.
Art.
36
(Reclamo
contro gli atti del curatore)
Contro
gli atti d'amministrazione del curatore il fallito e ogni altro
interessato possono reclamare al giudice delegato, che decide con
decreto motivato.
Contro
il decreto del giudice delegato è ammesso ricorso al tribunale entro
tre giorni dalla data del decreto medesimo. Il tribunale decide con
decreto motivato, sentito il curatore e il reclamante.
Art.
37
(Revoca
del curatore)
Il
tribunale può in ogni tempo, su proposta del giudice delegato o su
richiesta del compitato dei creditori o d'ufficio, revocare il
curatore.
Il
tribunale provvede con decreto, sentiti il curatore ed il pubblico
ministero.
Art.
38
(Responsabilità
del curatore)
Il
curatore deve adempiere con diligenza ai doveri del proprio ufficio.
Egli deve tenere un registro, preventivamente vidimato senza spese dal
giudice delegato, e annotarvi giorno per giorno le operazioni relative
alla sua amministrazione.
Durante
il fallimento l'azione di responsabilità contro il curatore revocato
è proposta dal nuovo curatore, previa autorizzazione del giudice
delegato.
Il
curatore che cessa dal suo ufficio, anche durante il fallimento, deve
rendere il conto della gestione a norma dell'art. 116.
Art.
39
(Compenso
del curatore)
Il
compenso e le spese dovuti al curatore, anche se il fallimento si
chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con
decreto del tribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice
delegato, secondo le norme stabilite con decreto del Ministro per la
grazia e giustizia.
La
liquidazione del compenso è fatto dopo l'approvazione del rendiconto
e, se del caso, dopo l'esecuzione del concordato. E' in facoltà del
tribunale di accordare al curatore acconti sul compenso per
giustificati motivi.
Nessun
compenso, oltre quello liquidato dal tribunale, può essere preteso
dal curatore, nemmeno per rimborso di spese. Le promesse e i pagamenti
fatti contro questo divieto sono nulli, ed è sempre ammessa la
ripetizione di ciò che è stato pagato, indipendentemente
dall'esercizio dell'azione penale, se vi è luogo.
Sezione
IV
DEL
COMITATO DEI CREDITORI
Art.
40
(Nomina
del comitato)
Il
comitato dei creditori deve essere costituito entro dieci giorni dal
decreto previsto dall'articolo 97; può essere costituito in via
provvisoria anche prima di detto termine, se il giudice lo ritiene
opportuno.
Il
comitato è nominato con provvedimento del giudice delegato ed è
composto di tre o cinque membri scelti fra i creditori, fra i quali lo
stesso giudice nomina il presidente del comitato.
Il
giudice delegato può sostituire i membri del comitato.
Art.
41
(Funzioni
del comitato)
Il
comitato può essere richiesto del suo parere, oltre che nei casi
previsti dalla legge, quando il tribunale o il giudice delegato lo
ritiene opportuno.
Il
presidente convoca il comitato ogni qualvolta ne sia richiesto il
parere o quando lo crede opportuno.
Le
deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza di voti dei suoi
membri.
Il
comitato ed ogni membro possono sempre ispezionare le scritture
contabili e i documenti del fallimento, ed hanno diritto di chiedere
notizie e chiarimenti al curatore e al fallito.
I
membri del comitato hanno diritto solo al rimborso delle spese.
Capo
III
DEGLI
EFFETTI DEL FALLIMENTO
Sezione
I
DEGLI
EFFETTI DEL FALLIMENTO PER IL FALLITO
Art.
42
(Beni
del fallito)
La
sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data il fallito
dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti
alla data di dichiarazione di fallimento.
Sono
compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante
il fallimento, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la
conservazione dei beni medesimi.
Art.
43
(Rapporti
processuali)
Nelle
controversie, anche in corso, relative a rapporti di diritto
patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il
curatore.
Il
fallito può intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle
quali può dipendere un'imputazione di bancarotta a suo carico o se
l'intervento è previsto dalla legge.
Art.
44
(Atti
compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento)
Tutti
gli atti compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la
dichiarazione di fallimento sono inefficaci rispetto ai creditori.
Sono
egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la
sentenza dichiarativa di fallimento.
Art.
45
(Formalità
eseguite dopo la dichiarazione di fallimento)
Le
formalità necessarie per rendere opponibili gli atti ai terzi, se
compiute dopo la data della dichiarazione di fallimento, sono senza
effetto rispetto ai creditori.
Art.
46
(Beni
non compresi nel fallimento)
Non
sono compresi nel fallimento:
1)
i beni ed i diritti di natura strettamente personale;
2)
gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni,
salari e ciò che il fallito guadagna con la sua attività entro i
limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e della famiglia;
3)
i frutti derivanti dall'usufrutto legale sui beni dei figli ed i
redditi dei beni costituiti in patrimonio familiare, salvo quanto è
disposto dagli artt. 170 e 326 del codice civile;
4)
i frutti dei beni costituiti in dote e i crediti dotati, salvo quanto
è disposto dall'art. 188 del codice civile;
5)
le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.
I
limiti previsti nel n. 2 di questo articolo sono fissati con decreto
del giudice delegato.
Art.
47
(Alimenti
al fallito e alla famiglia)
Se
al fallito vengono a mancare i mezzi di sussistenza, il giudice
delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, se è
stato nominato, può concedergli un sussidio a titolo di alimenti per
lui e per la famiglia.
La
casa di proprietà del fallito, nei limiti in cui è necessaria
all'abitazione di lui e della sua famiglia, non può essere distratta
da tale uso fino alla liquidazione delle attività.
Art.
48
(Corrispondenza
diretta al fallito)
La
corrispondenza diretta al fallito deve essere consegnata al curatore,
il quale ha diritto di trattenere quella riguardante interessi
patrimoniali.
Il
fallito ha diritto di prendere visione della corrispondenza. Il
curatore deve conservare il segreto sul contenuto di questa estraneo
agli interessi patrimoniali.
Art.
49
(Obbligo
di residenza del fallito)
Il
fallito non può allontanarsi dalla sua residenza senza permesso del
giudice delegato, e deve presentarsi personalmente a questo, al
curatore o al comitato dei creditori ogni qualvolta è chiamato, salvo
che, per legittimo impedimento, il giudice lo autorizzi a comparire
per mezzo di mandatario.
Il
giudice può far accompagnare il fallito dalla forza pubblica, se
questi non ottempera all'ordine di presentarsi.
Art.
50
(Pubblico
registro dei falliti)
Nella
cancelleria di ciascun tribunale è tenuto un pubblico registro nel
quale sono iscritti i nomi di coloro che sono dichiarati falliti dallo
stesso tribunale, nonché di quelli dichiarati altrove, se il luogo di
nascita del fallito si trova sotto la giurisdizione del tribunale.
Le
iscrizioni dei nomi dei falliti sono cancellate dal registro in
seguito a sentenza del tribunale.
Finché
l'iscrizione non è cancellata, il fallito è soggetto alle incapacità
stabilite dalla legge.
Le
norme per la tenuta del registro saranno emanate con decreto del
Ministro per la grazia e giustizia. Fino all'istituzione del registro
dei falliti le iscrizioni previste dal presente articolo sono eseguite
nell'albo dei falliti attualmente esistente.
·
Sezione
II
DEGLI
EFFETTI DEL FALLIMENTO PER I CREDITORI
Art.
51
(Divieto
di azioni esecutive individuali)
Salvo
diversa disposizione della legge dal giorno della dichiarazione di
fallimento nessuna azione individuale esecutiva può essere iniziata o
proseguita sui beni compresi nel fallimento.
Art.
52
(Concorso
dei creditori)
Il
fallimento apre il concorso dei creditori sul patrimonio del fallito.
Ogni
credito, anche se munito di diritto di prelazione, deve essere
accertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse
disposizioni della legge.
Art.
53
(Creditori
muniti di pegno o privilegio su mobili)
I
crediti garantiti da pegno o assistiti da privilegio a norma degli
articoli 2756 e 2761 del codice civile possono essere realizzati anche
durante il fallimento, dopo che sono stati ammessi al passivo con
prelazione.
Per
essere autorizzato alla vendita il creditore fa istanza al giudice
delegato, il quale, sentiti il curatore e il comitato dei creditori,
stabilisce con decreto il tempo della vendita, disponendo se questa
debba essere fatta ad offerte private o all'incanto, e determinando le
modalità relative.
Il
giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, se è stato
nominato, può anche autorizzare il curatore a riprendere le cose
sottoposte a pegno o a privilegio, pagando il creditore, o ad eseguire
la vendita nei modi stabiliti dal comma precedente.
Art.
54
(Diritto
dei creditori privilegiati nella ripartizione dell'attivo)
I
creditori garantiti da ipoteca, pegno o privilegio fanno valere il
loro diritto di prelazione sul prezzo dei beni vincolati per il
capitale, gli interessi e le spese; se non sono soddisfatti
integralmente, concorrono, per quanto è ancora loro dovuto, con i
creditori chirografari nelle ripartizioni del resto dell'attivo.
Essi
hanno diritto di concorrere anche nelle ripartizioni che si eseguono
prima della distribuzione del prezzo dei beni vincolati a loro
garanzia. In tal caso, se ottengono un'utile collocazione definitiva
su questo prezzo per la totalità del loro credito, computati in primo
luogo gli interessi, l'importo ricevuto nelle ripartizioni anteriori
viene detratto dalla somma loro assegnata per essere attribuito ai
creditori chirografari. Se la collocazione utile ha luogo per una
parte del credito garantito, per il capitale non soddisfatto essi
hanno diritto di trattenere solo la percentuale definitiva assegnata
ai creditori chirografari.
L'estensione
del diritto di prelazione agli interessi è regolata dagli artt. 2788
e 2855, commi secondo e terzo, del codice civile, intendendosi
equiparata la dichiarazione di fallimento all'atto di pignoramento .
Art.
55
(Effetti
del fallimento sui debiti pecuniari)
La
dichiarazione di fallimento sospende il corso degli interessi
convenzionali o legali, agli effetti del concorso, fino alla chiusura
del fallimento, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca,
da pegno o privilegio, salvo quanto è disposto dal terzo comma
dell'articolo precedente .
I
debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del
concorso, alla data di dichiarazione del fallimento.
I
crediti condizionali partecipano al concorso a norma degli artt. 95 e
113. Sono compresi tra i crediti condizionali quelli che non possono
farsi valere contro il fallito, se non previa escussione di un
obbligato principale.
Art.
56
(Compensazione
in sede di fallimento)
I
creditori hanno diritto di compensare coi loro debiti verso il fallito
i crediti che essi vantano verso lo stesso, ancorché non scaduti
prima della dichiarazione di fallimento.
Per
i crediti non scaduti la compensazione tuttavia non ha luogo se il
creditore ha acquistato il credito per atto tra i vivi dopo la
dichiarazione di fallimento o nell'anno anteriore.
Art.
57
(Crediti
infruttiferi)
I
crediti infruttiferi non ancora scaduti alla data della dichiarazione
di fallimento sono ammessi al passivo per l'intera somma. Tuttavia ad
ogni singola ripartizione saranno detratti gli interessi composti, in
ragione del cinque per cento all'anno, per il tempo che resta a
decorrere dalla data del mandato di pagamento sino al giorno della
scadenza del credito.
Art.
58
(Obbligazioni)
Le
obbligazioni emesse dalle società per azioni si valutano al prezzo
nominale detratti i rimborsi.
Quelle
rimborsabili per estrazione a sorte, con somma superiore al prezzo
nominale, sono valutate nell'importo equivalente al capitale che si
ottiene riducendo al valore attuale, sulla base dell'interesse
composto del cinque per cento, l'ammontare complessivo delle
obbligazioni non ancora sorteggiate. Il valore di ciascuna
obbligazione è dato dal quoziente che si ottiene dividendo questo
capitale per il numero delle obbligazioni non estinte. Non si può in
alcun caso attribuire alle obbligazioni un valore inferiore al prezzo
nominale, detratto ciò che è stato pagato a titolo di rimborso di
capitale.
Art.
59
(Crediti
non pecuniari)
I
crediti non scaduti, aventi per oggetto una prestazione in danaro
determinata con riferimento ad altri valori o aventi per oggetto una
prestazione diversa dal danaro, concorrono secondo il loro valore alla
data della dichiarazione di fallimento.
Art.
60
(Rendita
perpetua e rendita vitalizia)
Se
nel passivo del fallimento sono compresi crediti per rendita perpetua,
questa è riscattata a norma dell'art. 1866 del codice civile.
Il
creditore di una rendita vitalizia è ammesso al passivo per una somma
equivalente al valore capitale della rendita stessa al momento della
dichiarazione di fallimento.
Art.
61
(Creditore
di più coobbligati solidali)
Il
creditore di più coobbligati in solido concorre nel fallimento di
quelli tra essi che sono falliti, per l'intero credito in capitale e
accessori, sino al totale pagamento.
Il
regresso tra i coobbligati falliti può essere esercitato solo dopo
che il creditore sia stato soddisfatto per l'intero credito.
Art.
62
(Creditore
di più coobbligati solidali parzialmente soddisfatto)
Il
creditore che, prima della dichiarazione di fallimento, ha ricevuto da
un coobbligato in solido col fallito o da un fideiussore una parte del
proprio credito, ha diritto di concorrere nel fallimento per la parte
non riscossa.
Il
coobbligato che ha diritto di regresso verso il fallito ha diritto di
concorrere nel fallimento di questo per la somma pagata.
Tuttavia
il creditore ha diritto di farsi assegnare la quota di riparto
spettante al coobbligato fino a concorrenza di quanto ancora
dovutogli. Resta impregiudicato il diritto verso il coobbligato se il
creditore rimane parzialmente insoddisfatto.
Art.
63
(Coobbligato
o fideiussore del fallito con diritto di garanzia)
Il
coobbligato o fideiussore del fallito che ha un diritto di pegno o
d'ipoteca sui beni di lui a garanzia della sua azione di regresso,
concorre nel fallimento per la somma per la quale ha ipoteca o pegno.
Il
ricavato della vendita dei beni ipotecati o delle cose date in pegno
spetta al creditore in deduzione della somma dovuta.
Sezione
III
DEGLI
EFFETTI DEL FALLIMENTO SUGLI ATTI PREGIUDIZIEVOLI AI CREDITORI
Art.
64
(Atti
a titolo gratuito)
Sono
privi di effetto rispetto ai creditori, se compiuti dal fallito nei
due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento, gli atti a titolo
gratuito, esclusi i regali d'uso e gli atti compiuti in adempimento di
un dovere morale o a scopo di pubblica utilità, in quanto la
liberalità sia proporzionata al patrimonio del donante.
Art.
65
(Pagamenti)
Sono
privi di effetto rispetto ai creditori i pagamenti di crediti che
scadono nel giorno della dichiarazione di fallimento o posteriormente,
se tali pagamenti sono stati eseguiti dal fallito nei due anni
anteriori alla dichiarazione di fallimento.
Art.
66
(Azione
revocatoria ordinaria)
Il
curatore può domandare che siano dichiarati inefficaci gli atti
compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, secondo le norme
del codice civile.
L'azione
si propone dinanzi al tribunale fallimentare, sia in confronto del
contraente immediato, sia in confronto dei sui aventi causa nei casi
in cui sia proponibile contro costoro.
Art.
67
(Atti
a titolo oneroso, pagamenti, garanzie)
Sono
revocati, salvo che l'altra parte provi che non conosceva lo stato
d'insolvenza del debitore:
1)
gli atti a titolo oneroso compiuti nei due anni anteriori alla
dichiarazione di fallimento, in cui le prestazioni eseguite o le
obbligazioni assunte dal fallito sorpassano notevolmente ciò che a
lui è stato dato o promesso;
2)
gli atti estintivi di debiti pecuniari scaduti ed esigibili non
effettuati con danaro o con altri mezzi normali di pagamento, se
compiuti nei due anni anteriori alla dichiarazione di fallimento;
3)
i pegni, le anticresi e le ipoteche volontarie costituiti nei due anni
anteriori alla dichiarazione di fallimento per debiti preesistenti non
scaduti;
4)
i pegni, le anticresi e le ipoteche giudiziali o volontarie costituiti
entro l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento per debiti
scaduti.
Sono
altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo
stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti dei debiti liquidi ed
esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un
diritto di prelazione per debiti contestualmente creati, se compiuti
entro l'anno anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Le
disposizioni di questo articolo non si applicano all'istituto di
emissione, agli istituti autorizzati a compiere operazioni di credito
su pegno, limitatamente a queste operazioni, e agli istituti di
credito fondiario. Sono salve le disposizioni delle leggi speciali.
Art.
68
(Pagamento
di cambiale scaduta)
In
deroga a quanto disposto dall'art. 67, secondo comma, non può essere
revocato il pagamento di una cambiale, se il possessore di questa
doveva accettarlo per non perdere l'azione cambiaria di regresso. In
tal caso, l'ultimo obbligato in via di regresso, in confronto del
quale il curatore provi che conosceva lo stato di insolvenza del
principale obbligato quando ha tratto o girato la cambiale, deve
versare la somma riscossa al curatore.
Art.
69
(Atti
compiuti tra coniugi)
Gli
atti previsti dall'art. 67, compiuti tra coniugi nel tempo in cui il
fallito esercitava una impresa commerciale, sono revocati se il
coniuge non prova che ignorava lo stato d'insolvenza del coniuge
fallito.
Se
il marito esercitava un'impresa commerciale al tempo della
celebrazione del matrimonio o se ha iniziato l'esercizio di un'impresa
commerciale nell'anno successivo, l'ipoteca legale per la dote della
moglie non si estende ai beni pervenuti al marito durante il
matrimonio per titolo diverso da quello di successione o donazione.
Nei
casi suddetti la moglie non può esercitare nel fallimento alcuna
azione per i vantaggi derivanti a suo favore dal contratto di
matrimonio e i creditori non possono valersi dei vantaggi derivanti
dallo stesso contratto a favore del marito.
Art.
70
(Beni
acquistati dal coniuge del fallito)
I
beni, che il coniuge del fallito ha acquistato a titolo oneroso nel
quinquennio anteriore alla dichiarazione di fallimento, si presumono
di fronte ai creditori, salvo prova contraria, acquistati con danaro
del fallito e si considerano proprietà di lui. Il curatore è
legittimato ad apprenderne il possesso.
Se
i beni stessi furono nel frattempo alienati o ipotecati, la
revocazione a danno del terzo non può aver luogo se questi prova la
sua buona fede.
Art.
71
(Effetti
della revocazione)
Colui
che per effetto della revoca prevista nelle disposizioni precedenti ha
restituito quanto aveva ricevuto è ammesso al passivo fallimento per
il suo eventuale credito.
Sezione
IV
DEGLI
EFFETTI DEL FALLIMENTO SUI RAPPORTI GIURIDICI PREESISTENTI
Art.
72
(Vendita
non ancora eseguita da entrambi i contraenti)
Se
un contratto di vendita è ancora ineseguito o non compiutamente
eseguito da entrambe le parti quando il compratore è dichiarato
fallito, il venditore ha diritto a compiere la sua prestazione,
facendo valere nel passivo del fallimento il suo credito per il
prezzo.
Se
egli non intende valersi di tale diritto, l'esecuzione del contratto
rimane sospesa fino a quando il curatore, con la autorizzazione del
giudice delegato, dichiari di subentrare in luogo del fallito nel
contratto, assumendone tutti gli obblighi relativi, ovvero di
sciogliersi dal medesimo.
Il
venditore può mettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal
giudice delegato un termine non superiore ad otto giorni, decorso il
quale il contratto s'intende sciolto.
In
caso di fallimento del venditore, se la cosa venduta è già passata
in proprietà del compratore, il contratto non si scioglie. Se la cosa
venduta non è passata in proprietà del compratore, il curatore ha la
scelta fra l'esecuzione e lo scioglimento del contratto. In caso di
scioglimento del contratto il compratore ha diritto di far valere il
proprio credito nel passivo senza che gli sia dovuto risarcimento del
danno.
Qualora
l'immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai
sensi dell'articolo 2645-bis del codice civile e il curatore, ai sensi
del precedente comma, scelga lo scioglimento del contratto,
l'acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo,
senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del
privilegio di cui all'articolo 2775-bis del codice civile a condizione
che gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano
cessati anteriormente alla data della dichiarazione di fallimento.
Art.
73
(Vendita
a termine o a rate)
In
caso di fallimento del compratore, se il prezzo deve essere pagato a
termine o a rate, il curatore può subentrare nel contratto con
l'autorizzazione del giudice delegato; ma il venditore può chiedere
cauzione a meno che il curatore paghi immediatamente il prezzo con lo
sconto dell'interesse legale.
Nella
vendita a rate con riserva della proprietà il fallimento del
venditore non è causa di scioglimento del contratto.
Art.
74
(Contratto
di somministrazione)
Nelle
vendite a consegne ripartite e nel contratto di somministrazione si
applicano le disposizioni dei commi secondo, terzo e quarto dell'art.
72. Tuttavia il curatore che subentra deve pagare integralmente il
prezzo anche delle consegne già avvenute.
Art.
75
(Restituzione
di cose non pagate)
Se
la cosa mobile oggetto della vendita è già stata spedita al
compratore prima della dichiarazione di fallimento di questo, ma non
è ancora a sua disposizione nel luogo di destinazione, nè altri ha
acquistato diritti sulla medesima, il venditore può riprenderne il
possesso, assumendo a suo carico le spese e restituendo gli acconti
ricevuti, semprechè egli non preferisca dar corso al contratto
facendo valere nel passivo il credito per il prezzo, o il curatore non
intenda farsi consegnare la cosa pagandone il prezzo integrale.
Art.
76
(Contratto
di borsa a termine)
Il
contratto di borsa a termine, se il termine scade dopo la
dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, è risolto alla
data della dichiarazione di fallimento. La differenza fra il prezzo
contrattuale e il valore delle cose o dei titoli alla data di
dichiarazione di fallimento è versata nel fallimento se il fallito
risulta in credito, o è ammessa al passivo del fallimento nel caso
contrario.
Art.
77
(Associazione
in partecipazione)
La
associazione in partecipazione si scioglie per il fallimento
dell'associante. L'associato ha diritto di far valere nel passivo il
credito per quella parte dei conferimenti, la quale non è assorbita
dalle perdite a suo carico.
Egli
è tenuto al versamento della parte ancora dovuta nei limiti delle
perdite che sono a suo carico.
Nei
suoi confronti è applicata la procedura prevista dall'art. 150.
Art.
78
(Conto
corrente, mandato, commissione)
I
contratti di conto corrente, di mandato e di commissione si sciolgono
per il fallimento di una delle parti.
Art.
79
(Possesso
del fallito a titolo precario)
Se
le cose delle quali il fallito deve la restituzione non si trovano più
in suo possesso il giorno della dichiarazione di fallimento e il
curatore non può riprenderle, l'avente diritto può far valere nel
passivo il credito per il valore che la cosa aveva alla data della
dichiarazione del fallimento.
Se
il possesso della cosa è cessato dopo l'apposizione dei sigilli
l'avente diritto può chiedere l'integrale pagamento del valore della
cosa.
Sono
salve le disposizioni dell'art. 1706 del codice civile.
Art.
80
(Contratto
di locazione di immobili)
Il
fallimento del locatore, salvo patto contrario, non scioglie il
contratto di locazione d'immobili, ma il curatore subentra nel
contratto.
In
caso di fallimento del conduttore, il curatore può in qualunque tempo
recedere dal contratto, corrispondendo al locatore un giusto compenso,
che nel dissenso fra le parti è determinato dal giudice delegato,
sentiti gli interessati. Il credito per il compenso è privilegiato a
norma dell'art. 2764 del codice civile.
Art.
81
(Contratto
di appalto)
Il
contratto di appalto si scioglie per il fallimento di una delle parti,
a meno che il curatore, sentito il comitato dei creditori, se è stato
nominato, e con l'autorizzazione del giudice delegato, non dichiari di
voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all'altra parte
nel termine di giorni venti dalla dichiarazione di fallimento ed
offrendo idonee garanzie.
La
prosecuzione del rapporto non è consentita nel caso di fallimento
dell'appaltatore, quando la considerazione della sua persona è stato
un motivo determinante del contratto.
Sono
salve le norme relative al contratto di appalto per le opere
pubbliche.
Art.
82
(Contratto
di assicurazione)
Il
fallimento dell'assicurato non scioglie il contratto di assicurazione
contro i danni, salvo patto contrario, e salva l'applicazione
dell'art. 1898 del codice civile se ne deriva un aggravamento del
rischio.
Se
il contratto continua, il credito dell'assicuratore per i premi non
pagati deve essere soddisfatto integralmente, anche se la scadenza del
premio è anteriore alla dichiarazione di fallimento.
Art.
83
(Contratto
di edizione)
Gli
effetti del fallimento dell'editore sul contratto di edizione sono
regolati dalla legge speciale.
Capo
IV
DELLA
CUSTODIA E DELL'AMMINISTRAZIONE DELLE ATTIVITA' FALLIMENTARI
Art.
84
(Apposizione
dei sigilli)
Dichiarato
il fallimento, il giudice delegato o per sua delegazione, in caso
d'impedimento, il giudice di pace, procede immediatamente, secondo le
norme stabilite dal codice di procedura civile, all'apposizione dei
sigilli, sui beni che si trovano nella sede principale dell'impresa e
sugli altri beni del debitore. All'apposizione dei sigilli nella sede
principale dell'impresa deve assistere, salvo legittimo impedimento,
il curatore.
Per
i beni che si trovano in altre località il giudice delegato richiede,
per mezzo del cancelliere, i giudici di pace competenti di procedere
all'apposizione dei sigilli. Il verbale redatto dal giudice di pace è
trasmesso immediatamente al giudice delegato.
Il
giudice che procede all'apposizione dei sigilli può emettere i
provvedimenti provvisori e conservativi che ritiene necessari,
compreso quello della vendita delle cose deteriorabili.
Art.
85
(Apposizione
dei sigilli da parte del giudice di pace)
Anche
prima di ricevere la richiesta prevista dal secondo comma
dell'articolo precedente, il giudice di pace, che abbia certa notizia
della dichiarazione di fallimento, può procedere all'apposizione dei
sigilli nei luoghi compresi nella sua giurisdizione.
Art.
86
(Cose
non soggette all'apposizione dei sigilli)
Non
sono poste sotto sigillo, oltre le cose che ne sono escluse dal codice
di procedura civile:
1)
le cose che servono all'esercizio dell'impresa, se questo, a giudizio
del giudice, non può essere immediatamente interrotto;
2)
le scritture contabili;
3)
le cambiali e gli altri titoli scaduti o di imminente scadenza, che
devono essere consegnati al curatore per la riscossione;
4)
il danaro contante, da consegnarsi ugualmente al curatore, il quale
provvede a depositarlo a norma dell'art. 34.
Di
tutti questi oggetti si fa la descrizione nel processo verbale.
Le
scritture contabili, dopo essere state vidimate dal giudice che
procede, devono essere depositate nella cancelleria del tribunale.
Tuttavia il giudice delegato può autorizzare il curatore a
trattenerle temporaneamente con l'obbligo di esibirle ad ogni
legittima richiesta.
Art.
87
(Rimozione
dei sigilli e inventario)
Il
curatore deve chiedere nel più breve termine possibile al giudice
l'autorizzazione a rimuovere i sigilli ed a fare l'inventario. A tali
operazioni egli procede, secondo le norme stabilite dal codice di
procedura civile, presenti o avvisati il fallito e il comitato dei
creditori, se esiste, con l'assistenza del cancelliere del tribunale o
della pretura, che ne redige processo verbale. Possono intervenire i
creditori.
Il
giudice delegato può prescrivere speciali norme e cautele per
l'inventario e, quando occorre, nomina uno stimatore.
Prima
di chiudere l'inventario il curatore invita il fallito o, se si tratta
di società, gli amministratori a dichiarare se hanno notizia che
esistano altre attività da comprendere nell'inventario, avvertendoli
delle pene stabilite dall'art. 220 in caso di falsa o omessa
dichiarazione.
L'inventario
è redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli
intervenuti. Uno degli originali deve essere depositato nella
cancelleria del tribunale.
Art.
88
(Presa
in consegna dei beni del fallito da parte del curatore)
Il
curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa
l'inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del
fallito.
Se
il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica
registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza
dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia annotato
nei pubblici registri.
Art.
89
(Elenchi
dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio)
Il
curatore, con la scorta delle scritture contabili del fallito e delle
altre notizie che può raccogliere, deve compilare l'elenco dei
creditori, con l'indicazione dei rispettivi crediti e diritti di
prelazione, nonché l'elenco di tutti coloro che vantano diritti reali
mobiliari su cose in possesso del fallito, con l'indicazione dei
titoli relativi. Gli elenchi sono depositati in cancelleria.
Il
curatore deve inoltre redigere il bilancio dell'ultimo esercizio, se
non è stato presentato dal fallito nel termine stabilito, ed
apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte ai bilanci
e agli elenchi presentati dal fallito a norma dell'art. 14.
Art.
90
(Esercizio
provvisorio)
Dopo
la dichiarazione di fallimento il tribunale può disporre la
continuazione temporanea dell'esercizio dell'impresa del fallito,
quando dall'interruzione improvvisa può derivare un danno grave e
irreparabile.
Dopo
il decreto previsto dall'art. 97, il comitato dei creditori deve
pronunciarsi sull'opportunità di continuare o di riprendere in tutto
o in parte l'esercizio della impresa del fallito, indicandone le
condizioni. La continuazione o la ripresa può esser disposta dal
tribunale solo se il comitato dei creditori si è pronunciato
favorevolmente.
Se
è disposto l'esercizio provvisorio a norma del comma precedente, il
comitato dei creditori è convocato dal giudice delegato almeno ogni
due mesi per essere informato dal curatore sull'andamento della
gestione e per pronunciarsi sulla opportunità di continuare
l'esercizio. Il tribunale può ordinare la cessazione dell'esercizio
provvisorio se il comitato dei creditori ne fa richiesta, ovvero se in
qualsiasi momento ne ravvisa l'opportunità.
Il
tribunale provvede in ogni caso con decreto in camera di consiglio non
soggetto a reclamo sentito il curatore.
Art.
91
(Anticipazioni
delle spese dall'erario)
Se
fra i beni compresi nel fallimento non vi è danaro occorrente alle
spese giudiziali per gli atti richiesti dalla legge, dalla sentenza
dichiarativa di fallimento alla chiusura della procedura, l'erario
anticipa tali spese.
L'anticipazione
delle spese si esegue quanto alle tasse di bollo e alle imposte di
registro mediante prenotazione a debito in forza di decreto del
giudice delegato per ogni singolo atto della procedura e quanto alle
altre spese mediante pagamento eseguito direttamente dai ricevitori
del registro agli aventi diritto indicati nel decreto del giudice
delegato.
Le
spese anticipate dall'erario per le procedure fallimentari sono
annotate in un registro apposito, che è tenuto dal cancelliere.
Il
cancelliere provvede al recupero delle spese anticipate mediante
prelevazione dalle somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo,
anche prima della chiusura della procedura fallimentare appena vi
siano disponibilità liquide.
Capo
V
DELL'ACCERTAMENTO
DEL PASSIVO E DEI DIRITTI REALI MOBILIARI DEI TERZI
Art.
92
(Avviso
ai creditori per la verifica)
Il
curatore comunica, mediante raccomandata, ai creditori e agli altri
interessati compresi negli elenchi indicati nell'articolo 89 il
termine entro il quale devono far pervenire in cancelleria le loro
domande, nonché le disposizioni della sentenza dichiarativa di
fallimento, che riguardano la formazione dello stato passivo.
Per
i creditori e per gli altri interessati non residenti nel Regno
l'avviso è rimesso a chi li rappresenta. Se manca un loro
rappresentante nel Regno, il giudice può prorogare il termine e della
proroga è data notizia a tutti gli altri creditori e interessati.
Art.
93
(Domanda
di ammissione al passivo)
La
domanda di ammissione al passivo deve contenere il cognome e il nome
del creditore, l'indicazione della somma, del titolo da cui il credito
deriva, delle ragioni di prelazione e dei documenti giustificativi.
Se
il creditore non è domiciliato nel comune in cui ha sede il
tribunale, la domanda deve inoltre contenere l'elezione del domicilio
nel comune stesso; altrimenti tutte le notificazioni posteriori si
fanno al creditore presso la cancelleria del tribunale.
I
documenti non presentati con la domanda devono essere depositati prima
dell'adunanza di verifica.
Il
giudice ad istanza della parte può disporre che il cancelliere prenda
copia dei titoli al portatore o all'ordine presentati e li restituisca
con l'annotazione dell'avvenuta domanda di ammissione al passivo.
Art.
94
(Effetto
della domanda)
La
domanda di ammissione al passivo produce gli effetti della domanda
giudiziale ed impedisce la decadenza dei termini per gli atti che non
possono compiersi durante il fallimento.
Art.
95
(Formazione
dello stato passivo)
Il
cancelliere forma un elenco cronologico delle domande di ammissione al
passivo e lo rimette al giudice delegato. Questi con l'assistenza del
curatore, sentito il fallito ed assunte le opportune informazioni,
esamina le domande e predispone in base ad esse lo stato passivo del
fallimento. Il giudice indica distintamente i crediti che ritiene di
ammettere, specificando se sono muniti di privilegio, pegno o ipoteca,
e i crediti che ritiene di non ammettere in tutto o in parte,
esponendo sommariamente i motivi dell'esclusione totale o parziale di
essi o delle relative garanzie.
I
crediti indicati nell'ultimo comma dell'art. 55 e quelli per i quali
non sono stati ancora presentati i documenti giustificativi sono
compresi con riserva fra i crediti ammessi.
Se
il credito risulta da sentenza non passata in giudicato, è necessaria
l'imputazione se non si vuole ammettere il credito.
Lo
stato passivo predisposto dal giudice deve essere depositato in
cancelleria almeno tre giorni prima di quello fissato dall'art. 16, n.
5. I creditori possono prenderne visione.
Art.
96
(Verificazione
dello stato passivo)
Nell'adunanza
prevista dall'art. 16, n. 5, è esaminato, alla presenza del curatore
e con l'intervento del fallito, lo stato passivo predisposto dal
giudice. Sono inoltre esaminate le domande di ammissione al passivo
pervenute successivamente o presentate nell'adunanza stessa.
Il
giudice, tenuto conto delle contestazioni e delle osservazioni degli
interessati, nonché dei nuovi documenti esibiti, apporta allo stato
passivo le modificazioni e le integrazioni che ritiene necessarie.
Se
le operazioni non possono esaurirsi in una sola adunanza, il giudice
ne rinvia la prosecuzione a non più di otto giorni, senza che occorra
altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti.
Il
giudice ha in ogni caso facoltà di riservarsi la definitiva
formazione dello stato passivo fino a quindici giorni dopo che
l'adunanza dei creditori ha esaurito le sue operazioni.
Art.
97
(Esecutività
dello stato passivo)
Lo
stato passivo del fallimento è sottoscritto dal giudice e dal
cancelliere e si chiude con decreto del giudice che lo dichiara
esecutivo a decorrere dalla data in cui l'adunanza dei creditori ha
esaurito le sue operazioni o da quella successiva prevista nel quarto
comma dell'articolo precedente.
Lo
stato passivo col decreto del giudice è depositato in cancelleria,
ove i creditori possono prenderne visione.
Se
vi sono domande di ammissione al passivo, che non sono state accolte
in tutto o in parte o che sono state accolte con riserva, il curatore
ne dà immediatamente notizia ai creditori esclusi o ammessi con
riserva mediante raccomandata con avviso di ricevimento.
Art.
98
(Opposizione
dei creditori esclusi o ammessi con riserva)
I
creditori esclusi o ammessi con riserva possono fare opposizione,
entro 15 giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria
presentando ricorso al giudice delegato .
Il
giudice fissa con decreto l'udienza in cui tutti i creditori opponenti
e il curatore devono comparire avanti a lui, nonché il termine per la
notificazione al curatore del ricorso e del decreto .
Almeno
cinque giorni prima dell'udienza i creditori devono costituirsi. Se il
creditore non si costituisce, l'opposizione si reputa abbandonata
Possono
intervenire in causa gli altri creditori.
Art.
99
(Istruzione
dell'opposizione e sentenza relativa)
Il
giudice delegato provvede all'istruzione delle varie cause di
opposizione e quindi fissa l'udienza per la discussione davanti al
collegio a norma dell'art. 189 del codice di procedura civile.
Quando
alcune opposizioni sono mature per la decisione e altre richiedono
lunga istruzione, il giudice pronuncia ordinanza con la quale separa
le cause e rimette al collegio quelle mature per la decisione.
Il
tribunale pronuncia su tutte le opposizioni, che gli sono rimesse, con
unica sentenza. Nella ipotesi prevista dall'articolo 279, primo comma,
del codice di procedura civile, il tribunale può ammettere
provvisoriamente al passivo tutto o in parte il credito contestato.
La
sentenza deve essere affissa alla porta esterna del tribunale entro
otto giorno dalla sua pubblicazione, ed è provvisoriamente esecutiva.
Il cancelliere dà immediato avviso dell'avvenuta pubblicazione ai
procuratori delle parti, a norma dell'art. 136 del codice di procedura
civile.
Il
termine per appellare è di giorni quindici dall'affissione della
sentenza. Si osservano per il giudizio di appello le disposizioni dei
commi precedenti in quanto applicabili. Il termine per il ricorso in
cassazione decorre dal giorno dell'affissione della sentenza ed è
ridotto della metà .
.
Art.
100
(Impugnazione
dei crediti ammessi)
Entro
quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria
ciascun creditore può impugnare i crediti ammessi, con ricorso al
giudice delegato .
Il
giudice fissa con decreto l'udienza in cui le parti e il curatore
devono comparire davanti a lui, nonché il termine perentorio per la
notificazione del ricorso e del decreto al curatore ed ai creditori i
cui crediti vengono impugnati. Le parti si costituiscono a norma
dell'art. 98, terzo comma .
Se
all'udienza le parti non raggiungono l'accordo, il giudice dispone con
ordinanza non impugnabile che il caso di ripartizione siano
accantonate le quote spettanti ai creditori contestati.
Per
l'istruzione e la decisione delle impugnazioni si applicano le
disposizioni dell'articolo precedente e il giudizio deve essere
riunito a quello sulle opposizioni.
Art.
101
(Dichiarazioni
tardive di crediti)
Anche
dopo il decreto previsto nell'art. 97, fino a che non siano esaurite
tutte le ripartizioni dell'attivo fallimentare, i creditori possono
chiedere con ricorso al giudice delegato l'ammissione al passivo.
Il
giudice fissa con decreto l'udienza in cui il richiedente e il
curatore devono comparire davanti a lui nonché il termine perentorio
per la notificazione al curatore del ricorso e del decreto. Le parti
si sostituiscono a norma dell'art. 98, terzo comma. Possono
intervenire gli altri creditori.
Se
all'udienza il curatore non contesta l'ammissione del nuovo credito e
il giudice lo ritiene fondato, il credito è ammesso con decreto;
altrimenti il giudice provvede all'istruzione della causa a norma
degli artt. 175 e seguenti del codice di procedura civile.
Il
creditore sopporta le spese conseguenti al ritardo della domanda,
salvo che il ritardo sia dipeso da causa a lui non imputabile.
Art.
102
(Istanza
di revocazione contro crediti ammessi)
Se
prima che sia chiuso il fallimento si scopre che l'ammissione di un
credito o d'una garanzia è stata determinata da falsità, dolo o
errore essenziale di fatto, o si rinvengono documenti decisivi prima
ignorati, il curatore o qualunque creditore può proporre domanda di
revocazione del decreto del giudice delegato o della sentenza del
tribunale, relativamente al credito o alla garanzia oggetto
dell'impugnativa.
L'istanza
si propone con ricorso al giudice delegato. Il giudice fissa con
decreto l'udienza per la comparizione davanti a sé delle parti, nonché
il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto
alle parti e al curatore. Quindi provvede all'istruzione della causa.
Il
curatore può intervenire in giudizio.
Finché
la controversia non sia definitivamente decisa, il giudice può
disporre che siano accantonate in caso di ripartizione le quote
spettanti ai creditori i cui crediti sono stati impugnati.
Se
il fallimento si chiude senza che la contestazione sia stata decisa,
il giudizio continua dinanzi allo stesso tribunale.
Art.
103
(Domande
di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili)
Le
disposizioni degli artt. da 93 a 102 si applicano anche alle domande
di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute
dal fallito.
In
base all'elenco di tutte le domande il giudice forma uno stato delle
domande accolte o respinte ai sensi degli artt. 95, 96 e 97.
Se
le domande sono proposte tardivamente a norma dell'art. 101, il
giudice delegato può sospendere la vendita delle cose rivendicate,
chieste in restituzione o separate, con cauzione o senza.
In
ogni caso il giudice, prima di provvedere sulle domande, deve, in
quanto possibile, sentire il fallito.
Le
domande di rivendicazione, restituzione e separazione sul prezzo non
pregiudicano le ripartizioni anteriori, e possono essere fatte valere
sulle somme ancora da distribuire.
·
Capo
VI
DELLA
LIQUIDAZIONE DELL'ATTIVO
Sezione
I
DISPOSIZIONI
GENERALI
Art.
104
(Inizio
della liquidazione)
Il
curatore deve procedere, sotto la direzione del giudice delegato e
sentito il comitato dei creditori, se questo è stato nominato, alla
vendita dei beni dopo il decreto previsto dall'art. 97, salve le
esigenze dell'esercizio provvisorio della impresa, quando questo sia
stato autorizzato.
Il
curatore può essere autorizzato con decreto motivato dal giudice
delegato, sentito il comitato dei creditori, a procedere alle vendite
anche prima del termine indicato nel primo comma.
Art.
105
(Norme
applicabili)
Alle
vendite di beni mobili od immobili del fallimento si applicano le
disposizioni del codice di procedura civile relative al processo di
esecuzione, in quanto compatibili con le disposizioni delle sezioni
seguenti.
Sezione
II
DELLA
VENDITA DEI BENI MOBILI
Art.
106
(Modalità
della vendita dei beni mobili)
Per
i beni mobili, compresi i frutti naturali degli immobili, il giudice
delegato, sentiti il curatore e il comitato dei creditori, stabilisce
il tempo della vendita, disponendo se questa debba essere fatta ad
offerte private o all'incanto, e determinando le modalità relative,
sentito ove occorra uno stimatore.
In
caso di necessità o di utilità evidente può autorizzare la vendita
in massa delle attività mobiliari, in tutto o in parte, prescrivendo
speciali misure di pubblicità.
Sezione
III
DELLA
VENDITA DEI BENI IMMOBILI
Art.
107
(Espropriazione
in corso)
Se
prima della dichiarazione di fallimento è stata iniziata da un
creditore l'espropriazione di uno o più immobili del fallito, il
curatore si sostituisce nella procedura al creditore istante.
In
caso d'ingiustificato ritardo da parte del curatore il creditore
procedente, il fallito e ogni altro interessato possono reclamare, a
norma dell'art. 36, al giudice delegato.
Se
era in corso il procedimento di distribuzione del prezzo, il
procedimento deve essere integrato con l'intervento del curatore.
Il
curatore deve tenere un conto speciale delle vendite dei singoli
immobili e dei frutti percepiti sui medesimi dalla data della
dichiarazione di fallimento. La somma ricavata dalla vendita dei
frutti è distribuita col prezzo degli immobili relativi.
Art.
108
(Modalità
della vendita degli immobili)
La
vendita degli immobili deve farsi con incanto. Il giudice delegato
tuttavia, su proposta del curatore, sentito il comitato dei creditori
e con l'assenso dei creditori ammessi al passivo, aventi un diritto di
prelazione sugli immobili, può ordinare la vendita senza incanto, ove
la ritenga più vantaggiosa.
Le
vendite sono disposte con ordinanza dal giudice delegato, su istanza
del curatore, ed hanno luogo innanzi al giudice medesimo, salvo quanto
disposto dall'articolo 578 del codice di procedura civile.
Il
giudice che procede può sospendere la vendita, quando ritiene che il
prezzo offerto sia notevolmente inferiore a quello giusto.
Un
estratto dell'ordinanza che dispone la vendita è notificato dal
curatore a ciascuno dei creditori ammessi al passivo con diritto di
prelazione sull'immobile, nonché ai creditori ipotecari iscritti.
Art.
109
(Procedimento
di distribuzione della somma ricavata)
Il
giudice delegato provvede alla distribuzione della somma ricavata
dalla vendita secondo le disposizioni del capo seguente.
Il
giudice delegato stabilisce con decreto la somma da attribuire, se del
caso, al curatore in conto del compenso finale da liquidarsi a norma
dell'art. 39. Tale somma è prelevata sul prezzo insieme alle spese di
procedura e di amministrazione.
Capo
VII
DELLA
RIPARTIZIONE DELL'ATTIVO
Art.
110
(Progetto
di ripartizione)
Il
curatore, ogni due mesi a partire dalla data del decreto previsto
dall'art. 97, salvo che il giudice delegato stabilisca un termine
diverso, deve presentare un prospetto delle somme disponibili ed un
progetto di ripartizione delle medesime, riservate quelle occorrenti
per la procedura.
Il
giudice, sentito il comitato dei creditori, apporta al progetto le
variazioni che ravvisa convenienti e ne ordina il deposito in
cancelleria disponendo che tutti i creditori ne siano avvisati.
I
creditori possono far pervenire entro dieci giorni dall'avviso le loro
osservazioni. Trascorso tale termine, il giudice delegato, tenuto
conto delle osservazioni, stabilisce con decreto il piano di riparto,
rendendolo esecutivo.
Art.
111
(Ordine
di distribuzione delle somme)
Le
somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono erogate nel
seguente ordine:
1)
per il pagamento delle spese, comprese le spese anticipate
dall'erario, e dei debiti contratti per l'amministrazione del
fallimento e per la continuazione dell'esercizio dell'impresa, se
questo è stato autorizzato;
2)
per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute
secondo l'ordine assegnato dalla legge;
3)
per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione
dell'ammontare del credito per cui ciascuno di essi fu ammesso,
compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stata ancora
realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non
soddisfatti da questa.
I
prelevamenti indicati al n. 1 sono determinati con decreto dal giudice
delegato.
Art.
112
(Partecipazione
dei creditori ammessi tardivamente)
I
creditori ammessi a norma dell'art. 101 concorrono soltanto alle
ripartizioni posteriori alla loro ammissione in proporzione del
rispettivo credito, salvi i diritti di prelazione. Se però dalla
sentenza pronunciata a norma dell'articolo 101 risulta che il ritardo
è dipeso da causa ad essi non imputabile, i creditori sono ammessi a
prelevare sull'attivo non ripartito anche le quote che sarebbero loro
spettate nelle precedenti ripartizioni.
Art.
113
(Ripartizioni
parziali)
Nelle
ripartizioni parziali, che non possono superare il novanta per cento
delle somme da ripartire, devono essere trattenute e depositate, nei
modi stabiliti dal giudice delegato, le quote assegnate:
1)
ai creditori residenti all'estero per i crediti dei quali, essendo
stato prorogato il termine, non sia ancora avvenuta la verificazione;
2)
ai creditori per i quali è stato ordinato l'accantonamento delle
quote, nonché ai creditori ammessi con riserva di presentazione del
titolo;
3)
ai creditori i cui crediti sono soggetti a condizione sospensiva non
ancora verificata, compresi i crediti che non possono farsi valere
contro il fallito se non previa escussione di un obbligato principale;
4)
alle spese future ritenute necessarie dal giudice delegato ed alle
somme occorrenti per soddisfare il compenso e le spese dovute al
curatore.
Art.
114
(Restituzione
di somme riscosse)
Nei
casi previsti dall'art. 102 i creditori che hanno partecipato a
qualche ripartizione devono restituire le somme ricosse con gli
interessi legali.
Art.
115
(Pagamento
ai creditori)
Il
curatore provvede al pagamento delle somme assegnate ai creditori nel
piano di ripartizione nei modi stabiliti dal giudice delegato.
Art.
116
(Rendiconto
del curatore)
Compiuta
la liquidazione dell'attivo prima del riparto finale, il curatore
presenta al giudice delegato il conto della gestione.
Il
giudice ordina il deposito del conto in cancelleria, e fissa l'udienza
nella quale ogni interessato può presentare le sue osservazioni.
L'udienza non può essere tenuta prima che siano decorsi quindici
giorni dal deposito.
Dell'avvenuto
deposito e della fissazione della udienza è data immediata
comunicazione al fallito e ai singoli creditori.
Se
all'udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene
raggiunto un accordo, il giudice approva il conto; altrimenti provvede
a norma dell'art. 189 del codice di procedura civile, fissando
l'udienza innanzi al collegio non oltre i venti giorni successivi.
Art.
117
(Ripartizione
finale)
Approvato
il conto e liquidato il compenso del curatore, il giudice delegato,
sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale secondo le
norme precedenti.
Nel
riparto finale vengono distribuiti anche gli accantonamenti
precedentemente fatti. Tuttavia, nel caso previsto dal n. 3 dell'art.
113, se la condizione non si è ancora verificata, la somma è
depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perché a suo
tempo possa essere o versata ai creditori cui spetta o fatta oggetto
di riparto supplementare fra gli altri creditori.
Per
i creditori che non si presentano o sono irreperibili la somma dovuta
è depositata presso un istituto di credito. Il certificato di
deposito vale quietanza.
Capo
VIII
DELLA
CESSAZIONE DELLA PROCEDURA FALLIMENTARE
Sezione
I
DELLA
CHIUSURA DEL FALLIMENTO
Art.
118
(Casi
di chiusura)
Salvo
quanto disposto nella sezione seguente per il caso di concordato, la
procedura di fallimento si chiude:
1)
se nei termini stabiliti nella sentenza dichiarativa di fallimento non
sono state proposte domande di ammissione al passivo;
2)
quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale
dell'attivo, le ripartizioni ai creditori raggiungono l'intero
ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modo estinti e
sono pagati il compenso del curatore e le spese di procedura;
3)
quando è compiuta la ripartizione finale dell'attivo;
4)
quando non possa essere utilmente continuata la procedura per
insufficienza di attivo.
Art.
119
(Decreto
di chiusura)
La
chiusura del fallimento è dichiarata con decreto motivato del
tribunale su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio,
pubblicato nelle forme prescritte nell'art. 17.
Il
decreto è soggetto a reclamo entro quindici giorni dalla data di
affissione dinanzi alla corte di appello, la quale provvede in camera
di consiglio, sentiti il reclamante, il curatore e il fallito.
Art.
120
(Effetti
della chiusura)
Con
la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul patrimonio del
fallito e decadono gli organi preposti al fallimento.
I
creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il
debitore per la parte non soddisfatta dei loro crediti per capitale e
interessi.
Art.
121
(Casi
di riapertura del fallimento)
Nei
casi preveduti dai nn. 3 e 4 dell'articolo 118, il tribunale, entro
cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza del debitore o di
qualunque creditore, può ordinare che il fallimento già chiuso sia
riaperto, quando risulta che nel patrimonio del fallito esistano
attività in misura tale da rendere utile il provvedimento o quando il
fallito offre garanzia di pagare almeno il 10 per cento ai creditori
vecchi e nuovi.
Il
Tribunale, con sentenza in camera di consiglio non soggetta a gravame,
se accoglie l'istanza:
1)
richiama in ufficio il giudice delegato ed il curatore o li nomina di
nuovo;
2)
stabilisce i termini previsti dai nn. 4 e 5 dell'art. 16,
abbreviandoli non oltre la metà.
La
sentenza è pubblicata a norma dell'art. 17.
Il
giudice delegato nomina il comitato dei creditori, tenendo conto nella
scelta anche dei nuovi creditori. Per le altre operazioni si seguono
le norme stabilite nei capi precedenti.
Art.
122
(Concorso
dei vecchi e nuovi creditori)
I
creditori concorrono alle nuove ripartizioni per le somme loro dovute
al momento della riapertura, dedotto quanto hanno percepito nelle
precedenti ripartizioni, salve in ogni caso le cause legittime di
prelazione.
Restano
ferme le precedenti situazioni a norma degli artt. da 93 a 103.
Art.
123
(Effetti
della riapertura sugli atti pregiudizievoli ai creditori)
In
caso di riapertura del fallimento, per le azioni revocatorie relative
agli atti del fallito, compiuti dopo la chiusura del fallimento, i
termini stabiliti dagli artt. 65, 67 e 70, sono computati dalla data
della sentenza di riapertura.
Sono
privi di effetto nei confronti dei creditori gli atti a titolo
gratuito posteriori alla chiusura e anteriori alla riapertura del
fallimento.
Sezione
II
DEL
CONCORDATO
Art.
124
(Proposta
di concordato)
Dopo
il decreto previsto nell'art. 97, il fallito può proporre ai
creditori un concordato, presentando domanda al giudice delegato. La
domanda deve contenere l'indicazione della percentuale offerta ai
creditori chirografari e del tempo del pagamento, e la descrizione
delle garanzie offerte per il pagamento dei crediti, delle spese di
procedura e del compenso al curatore.
La
cessione delle azioni revocatorie come patto di concordato è ammessa
a favore del terzo che si accolla l'obbligo di adempiere il concordato
limitatamente alle azioni già proposte dal curatore.
La
cessione non è ammessa a favore del fallito e dei suoi fideiussori.
Art.
125
(Esame
della proposta e comunicazione ai creditori)
Sulla
proposta di concordato il giudice chiede il parere del curatore e del
comitato dei creditori e, se ritiene la proposta conveniente, ne
ordina la comunicazione immediata, con la indicazione dei suddetti
pareri, mediante lettera raccomandata ai creditori, fissando un
termine, non inferiore a venti nè superiore a trenta giorni dalla
data del provvedimento, entro il quale i creditori devono far
pervenire nella cancelleria del tribunale la loro dichiarazione di
dissenso. La dichiarazione può essere scritta, in calce alla
comunicazione.
Delle
dichiarazioni di voto è presa nota in apposito verbale sottoscritto
dal giudice e dal cancelliere.
In
seguito alla proposta di concordato il giudice delegato può
sospendere la liquidazione.
Se
vi sono degli obbligazionisti la proposta di concordato deve essere
comunicata al rappresentante degli obbligazionisti e il termine
concesso ai creditori per far pervenire nella cancelleria del
tribunale la loro dichiarazione di dissensi, deve essere raddoppiato.
Art.
126
(Concordato
nel caso di numerosi creditori)
Se
la comunicazione prescritta dall'articolo precedente è sommamente
difficile per il rilevante numero dei destinatari, il tribunale,
sentiti il pubblico ministero e il curatore, può autorizzare il
giudice delegato a disporre che la proposta di concordato, anziché
comunicata singolarmente ai creditori, sia pubblicata, con le
conclusioni dei pareri del curatore e del comitato dei creditori,
nella Gazzetta Ufficiale del Regno e, eventualmente, in altri
giornali.
Art.
127
(Voto
nel concordato)
Hanno
diritto al voto i creditori ammessi al passivo, anche se con riserva o
provvisoriamente.
I
creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorché la garanzia
sia contestata, non hanno diritto al voto se non rinunciano al diritto
di prelazione. La rinuncia può essere anche parziale, purché non
inferiore alla terza parte dell'intero credito fra capitale ed
accessori. Il voto di adesione deve essere esplicito ed importa
rinuncia al diritto di prelazione per l'intero credito, se è dato
senza dichiarazione di limitata rinuncia. Se il concordato non è
approvato, non è omologato o viene annullato o risoluto, cessano gli
effetti della rinuncia.
Sono
esclusi dal voto o dal computo delle maggioranze il coniuge del
debitore, i suoi parenti ed affini fino al quarto grado e coloro che
sono diventati cessionari o aggiudicatari dei crediti di dette persone
da meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento.
I
trasferimenti dei crediti avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento
non attribuiscono diritto di voto.
Art.
128
(Approvazione
del concordato)
Il
concordato è approvato se riporta il consenso della maggioranza
numerica dei creditori aventi diritto al voto, la quale rappresenti
almeno i due terzi della somma dei loro crediti.
I
creditori che non fanno pervenire la loro dichiarazione nel termine
indicato nell'art. 125 si ritengono consenzienti, salvo quanto
disposto dal comma secondo dell'articolo precedente.
La
variazione del numero dei creditori ammessi o dell'ammontare dei
singoli crediti, che avvenga per effetto di sentenza posteriore alla
scadenza del termine indicato nell'art. 125, non influisce sul calcolo
della maggioranza.
Art.
129
(Giudizio
di omologazione)
Decorso
il termine stabilito per la votazione, se non si sono raggiunte le
maggioranze prescritte, il giudice delegato con decreto in calce al
verbale previsto dall'art. 125, comma secondo, dichiara respinta la
proposta di concordato. In caso contrario pronuncia ordinanza con la
quale dichiara aperto il giudizio di omologazione e fissa l'udienza di
comparizione davanti a sé non prima di quindici o non oltre trenta
giorni. L'ordinanza è pubblicata per affissione.
I
creditori dissenzienti e qualsiasi interessato possono fare
opposizione con atto notificato al curatore e al fallito,
costituendosi almeno cinque giorni prima dell'udienza. L'atto
d'opposizione deve contenerne i motivi.
All'udienza,
previa relazione orale del curatore, il giudice sente le parti
costituite, il presidente del comitato dei creditori ed il fallito;
quindi procede a norma degli artt. 183 e seguenti del codice di
procedura civile, fissando l'udienza innanzi al collegio nel termine
di dieci giorni.
Cinque
giorni prima dell'udienza innanzi al collegio il curatore deposita in
cancelleria una relazione motivata col suo parere definitivo. Analoga
relazione può presentare il comitato dei creditori.
Art.
130
(Sentenze
di omologazione del concordato)
Il
tribunale accerta l'osservanza delle prescrizioni di legge per
l'ammissione e per la validità del concordato, esamina il merito
delle proposte e la serietà delle garanzie offerte e decide su tutte
le opposizioni con unita sentenza, omologando o respingendo il
concordato.
La
sentenza che omologa il concordato stabilisce le modalità per il
pagamento delle somme dovute ai creditori in esecuzione del
concordato, o rimette al giudice delegato di stabilirle con decreto
successivo non soggetto a reclamo.
Se
nel concordato sono state concesse ipoteche a garanzia del concordato
il tribunale, nel pronunciare l'omologazione, fissa un breve termine
per l'iscrizione delle ipoteche da eseguirsi dal curatore.
La
sentenza è pubblicata ed affissa a norma dell'art. 17.
Essa
è provvisoriamente esecutiva. Tuttavia, alle scadenze stabilite per i
pagamenti, se la sentenza non è passata in giudicato, le somme dovute
per l'adempimento del concordato devono essere depositate presso un
istituto di credito designato dal giudice delegato.
Art.
131
(Appello
contro la sentenza)
Contro
la sentenza che omologa o respinge il concordato possono appellare gli
opponenti e il fallito entro quindici giorni dall'affissione.
L'atto
d'appello deve essere notificato al curatore, al fallito e alle parti
costituite.
La
sentenza d'appello è pubblicata a norma dell'art. 17, e il termine
per ricorrere per cassazione è ridotto della metà e decorre
dall'affissione.
Con
il passaggio in giudicato della sentenza che omologa il concordato la
procedura di fallimento è chiusa.
Art.
132
(Intervento
del pubblico ministero)
Il
pubblico ministero interviene sia nel giudizio di primo grado sia nel
giudizio di appello.
Art.
133
(Spese
per omologazione)
Alle
spese di omologazione si provvede con le somme liquide del fallimento,
mediante prelevamenti disposti dal giudice delegato.
Se
non vi sono somme liquide, il giudice dispone che si proceda alle
spese di omologazione con prenotazione a debito. Per il rimborso delle
spese anticipate dall'erario si provvede a norma dell'art. 91.
Art.
134
(Rendiconto
del curatore)
Appena
la sentenza di omologazione è passata in giudicato, il curatore deve
rendere il conto a norma dell'art. 116.
Art.
135
(Effetti
del concordato)
Il
concordato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori alla
apertura del fallimento, compresi quelli che non hanno presentato
domanda di ammissione al passivo. A questi però non si estendono le
garanzie date nel concordato da terzi.
I
creditori conservano la loro azione per l'intero credito contro i
coobbligati, i fideiussori del fallito e gli obbligati in via di
regresso.
Art.
136
(Esecuzione
del concordato)
Dopo
la omologazione del concordato il giudice delegato, il curatore e il
comitato dei creditori ne sorvegliano l'adempimento, secondo le
modalità stabilite nella sentenza di omologazione.
Le
somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili,
sono depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato.
Accertata
la completa esecuzione del concordato, il giudice delegato ordina lo
svincolo delle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a
garanzia.
Il
provvedimento è pubblicato ed affisso ai sensi dell'art. 17. Le spese
sono a carico del debitore.
Art.
137
(Risoluzione
del concordato)
Se
le garanzie promesse non vengono costituite in conformità del
concordato o se il fallito non adempie regolarmente agli obblighi
derivanti dal concordato e dalla sentenza di omologazione, il curatore
deve riferirne al tribunale. Questo ordina la comparizione del fallito
e dei fideiussori, se ve ne sono, e con sentenza emessa in camera di
consiglio e non soggetta a gravame pronunzia la risoluzione del
concordato. Nello stesso modo provvede il tribunale su ricorso di uno
o più creditori o anche d'ufficio.
Con
la sentenza che risolve il concordato, il tribunale riapre la
procedura di fallimento.
La
risoluzione non può essere pronunziata trascorso un anno dalla
scadenza dell'ultimo pagamento stabilito nel concordato.
Le
disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi
derivanti dal concordato sono stati assunti da un terzo con
liberazione immediata del debitore.
Art.
138
(Annullamento
del concordato)
Il
concordato omologato può essere annullato dal tribunale, su istanza
del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio del
debitore, quando si scopre che è stato dolosamente esagerato il
passivo, ovvero sottratta o dissimulata una parte rilevante
dell'attivo. Nessun'altra azione di nullità è ammessa.
La
sentenza che annulla il concordato riapre la procedura del fallimento
ed è provvisoriamente esecutiva.
L'azione
di annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta
del dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza
dell'ultimo pagamento stabilito nel concordato.
Art.
139
(Provvedimenti
conseguiti alla riapertura)
La
sentenza che riapre la procedura a norma degli artt. 137 e 138 dispone
in conformità del secondo comma dell'art. 121. Si applicano inoltre
le disposizioni dei commi successivi dello stesso articolo.
Art.
140
(Gli
effetti della riapertura)
Gli
effetti della riapertura sono regolati dagli artt. 122 e 123.
Possono
essere riproposte le azioni revocatorie già iniziate e interrotte per
effetto del concordato.
I
creditori anteriori conservano le garanzie per le somme tuttora ad
essi dovute in base al concordato risolto o annullato e non sono
tenuti a restituire quanto hanno già riscosso.
Essi
concorrono per l'importo del primitivo credito, detratta la parte
riscossa in parziale esecuzione del concordato.
Art.
141
(Nuova
proposta di concordato)
Reso
esecutivo il nuovo stato passivo, il fallito è ammesso a proporre un
nuovo concordato. Questo non può essere omologato se prima
dell'udienza a ciò destinata non sono depositate, nei modi stabiliti
dal giudice delegato, le somme occorrenti per il suo integrale
adempimento.
Capo
IX
DELLA
RIABILITAZIONE CIVILE
Art.
142
(Effetti
della riabilitazione)
La
riabilitazione civile fa cessare le incapacità personali che
colpiscono il fallito per effetto della sentenza dichiarativa di
fallimento.
Essa
è pronunciata dal tribunale nei casi previsti dagli articoli
seguenti, su istanza del debitore o dei suoi eredi, sentito il
pubblico ministero, con sentenza in camera di consiglio.
La
sentenza che pronunzia la riabilitazione ordina la cancellazione del
nome del fallito dal registro previsto dall'art. 50 ed è comunicata
all'ufficio del registro delle imprese per l'iscrizione.
Art.
143
(Condizioni
per la riabilitazione)
La
riabilitazione può essere concessa al fallito:
1)
che ha pagato interamente tutti i crediti ammessi nel fallimento,
compresi gli interessi e le spese;
2)
che ha regolarmente adempiuto il concordato quando il tribunale lo
ritiene meritevole del beneficio, tenuto conto delle cause e
circostanze del fallimento, delle condizioni del concordato e della
misura della percentuale. La riabilitazione non può essere concessa
se la percentuale stabilita per i creditori chirografari è inferiore
al venticinque per cento, oltre gli interessi se la percentuale
dev'essere pagata in un termine maggiore di sei mesi;
3)
che ha dato prove effettive e costanti di buona condotta per un
periodo di almeno cinque anni dalla chiusura del fallimento.
Art.
144
(Procedimento
di riabilitazione)
L'istanza
di riabilitazione è pubblicata mediante affissione alla porta esterna
del tribunale. Il tribunale può ordinare altre forme di pubblicità.
Chiunque
intende opporsi alla riabilitazione può depositare in cancelleria,
nel termine di trenta giorni dall'affissione, le sue deduzioni.
Decorso
tale termine, il tribunale provvede accordando o negando la
riabilitazione.
Contro
la sentenza è ammesso reclamo alla Corte di appello, la quale
pronuncia in camera di consiglio entro quindici giorni
dall'affissione, da parte del debitore istante o dei suoi eredi, degli
opponenti e del pubblico ministero.
Art.
145
(Condanne
penali che ostano alla riabilitazione)
In
nessun caso la riabilitazione può essere concessa se il fallito è
stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro il
patrimonio, la fede pubblica, l'economia pubblica, l'industria e il
commercio, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione
prevista dalla legge penale.
Se
è in corso il procedimento per uno di tali reati, il tribunale
sospende di pronunziare sull'istanza fino all'esito del procedimento.
Capo
X
DEL
FALLIMENTO DELLA SOCIETA'
Art.
146
(Amministratori,
direttori generali, sindaci liquidatori)
Gli
amministratori e i liquidatori della società sono tenuti agli
obblighi imposti al fallito dall'art. 49. Essi devono essere sentiti
in tutti i casi in cui la legge richiede che sia sentito il fallito.
L'azione
di responsabilità contro gli amministratori, i sindaci, i direttori
generali e i liquidatori, a norma degli artt. 2393 e 2394 del codice
civile, è esercitata dal curatore, previa autorizzazione del giudice
delegato, sentito il comitato dei creditori.
Il
giudice delegato, nell'autorizzare il curatore a proporre l'azione di
responsabilità, può disporre le opportune misure cautelari.
Art.
147
(Società
con soci a responsabilità illimitata)
La
sentenza che dichiara il fallimento della società con soci a
responsabilità illimitata produce anche il fallimento dei soci
illimitatamente responsabili .
Se
dopo la dichiarazione di fallimento della società risulta l'esistenza
di altri soci illimitatamente responsabili il tribunale, su domanda
del curatore o d'ufficio, dichiara il fallimento dei medesimi, dopo
averli sentiti in camera di consiglio .
Contro
la sentenza del tribunale è ammessa l'opposizione a norma dell'art.
18.
Le
disposizioni di questo articolo non si applicano alle società
cooperative.
Art.
148
(Fallimento
della società e dei soci)
Nel
caso previsto dall'articolo precedente, il tribunale nomina, sia per
il fallimento della società, sia per quello dei soci, un solo giudice
delegato e un solo curatore, ma può nominare più comitati dei
creditori.
Il
patrimonio della società e quello dei singoli soci devono essere
tenuti distinti.
Il
credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della società
si intende dichiarato per l'intero anche nel fallimento dei singoli
soci. Il creditore sociale ha diritto di partecipare a tutte le
ripartizioni fino all'integrale pagamento, salvo il regresso fra i
fallimenti dei soci per la parte pagata in più della quota
rispettiva.
I
creditori partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori.
Ciascun
creditore ha diritto di contestare i crediti dei creditori con i quali
si trova in concorso.
Art.
149
(Fallimento
dei soci)
Il
fallimento di uno o più soci illimitatamente responsabili non produce
il fallimento della società.
Art.
150
(Versamenti
dei soci a responsabilità limitata)
Nei
fallimenti delle società con soci a responsabilità limitata il
giudice delegato può, su proposta del curatore, ingiungere con
decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti titolari
delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora dovuti,
quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento.
Art.
151
(Società
cooperative)
Nel
fallimento di una società cooperativa con responsabilità sussidiaria
limitata o illimitata dei soci, il giudice delegato, dopo la pronunzia
del decreto previsto dall'art. 97, può autorizzare il curatore a
chiedere ai soci il versamento delle somme necessarie per l'estinzione
delle passività a norma dell'articolo 2263 del codice civile. I
contributi dei soci non ritenuti agevolmente solventi sono posti a
carico degli altri soci.
A
tale fine il curatore forma un piano di riparto e lo deposita nella
cancelleria del tribunale dandone notizia ai soci mediante
raccomandata con avviso di ricevimento. I soci che intendono proporre
osservazioni e contestazioni, anche relativamente alla qualità di
socio o all'estensione della propria responsabilità, devono
depositarle presso la cancelleria entro quaranta giorni dal deposito
del piano di riparto. Il giudice delegato, sentito il curatore e
tenuto conto delle osservazioni e delle contestazioni, apporta al
piano di riparto le modificazioni e integrazioni che ritiene
necessarie. Il piano di riparto è dichiarato esecutivo con decreto
del giudice ed è depositato in cancelleria, dove ogni interessato può
prenderne visione.
Chi
ha contestato la qualità di socio o l'estensione della propria
responsabilità può, entro quindici giorni dal deposito del piano di
riparto in cancelleria, proporre opposizione davanti al tribunale in
contraddittorio del curatore. L'opposizione non sospende l'esecuzione
del piano di riparto nemmeno nei confronti dell'opponente. In ogni
altro caso è ammesso il reclamo a norma dell'art. 26.
Se
l'esazione di alcuna delle quote comprese nel piano di riparto risulti
non facilmente realizzabile, può essere formato un piano di riparto
supplementare secondo le disposizioni dei commi precedenti.
Resta
salva l'azione di regresso tra i soci a norma dell'art. 1299 del
codice civile, nonché il diritto di rimborso delle somme che
residuano dopo l'estinzione delle passività.
Al
fine di assicurare la riscossione dei contributi dovuti dai soci, il
giudice delegato su proposta del curatore, può in qualunque tempo
ordinare con decreto il sequestro dei beni dei soci stessi.
Art.
152
(Proposta
di concordato)
La
proposta di concordato per la società fallita è sottoscritta da
coloro che ne hanno la rappresentanza sociale.
La
proposta e le condizioni del concordato nelle società in nome
collettivo e in accomandita semplice devono essere approvate dai soci
che rappresentano la maggioranza assoluta del capitale, e nelle società
per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata,
nonché nelle società cooperative devono essere approvate
dall'assemblea straordinaria, salvo che tali poteri siano stati
delegati agli amministratori.
Art.
153
(Effetti
del concordato della società)
Salvo
patto contrario, il concordato fatto da una società con soci a
responsabilità illimitata ha efficacia anche di fronte ai soci e fa
cessare il loro fallimento. Tuttavia i creditori particolari possono
opporsi a norma dell'art. 129, secondo comma, alla chiusura del
fallimento del socio loro debitore.
Sull'opposizione
decide il tribunale con sentenza in camera di consiglio non soggetta a
gravame.
Art.
154
(Concordato
particolare del socio)
Nel
fallimento di una società con soci a responsabilità illimitata,
ciascuno dei soci dichiarato fallito può proporre un concordato ai
creditori sociali e particolari concorrenti nel proprio fallimento.
Capo
XI
DEL
PROCEDIMENTO SOMMARIO
Art.
155
(Presupposti
e norme applicabili)
Se
all'atto della dichiarazione di fallimento o dell'accertamento del
passivo risulta che le passività del debitore non superano lire
cinquantamila , il tribunale con la sentenza dichiarativa di
fallimento, o con decreto successivo da pubblicarsi a norma dell'art.
17, dispone che il fallimento si svolga o prosegua con procedimento
sommario.
Tuttavia,
se successivamente risulta che l'ammontare del passivo supera lire
1.500.000, il giudice deve informare il tribunale, che dispone la
prosecuzione del fallimento con le norme ordinarie, restando fermi gli
atti compiuti.
Nel
procedimento sommario si applicano le disposizioni stabilite per il
fallimento, in quanto compatibili con le norme seguenti.
Art.
156
(Organi
e provvedimenti conservativi)
E'
facoltativa la nomina del comitato dei creditori.
Può
essere omessa l'apposizione dei sigilli.
Art.
157
(Accertamento
del passivo)
Il
curatore forma l'elenco dei creditori in base alle scritture
contabili, alle dichiarazioni del debitore e alle altre notizie che può
assumere.
L'elenco,
con i documenti giustificativi, è trasmesso al giudice, il quale
procede alla formazione dello stato passivo e lo rende esecutivo con
decreto. Lo stato passivo col decreto del giudice è depositato in
cancelleria, e chiunque può prenderne visione.
Il
curatore dà notizia mediante lettera raccomandata a ciascun
creditore, entro tre giorni dal deposito, del provvedimento che lo
riguarda.
Entro
quindici giorni dal deposito dello stato passivo in cancelleria i
creditori non ammessi possono proporre reclamo avanti al giudice.
Nello stesso termine possono essere proposte le contestazioni dei
creditori ammessi da parte di altri creditori.
Il
giudice stabilisce l'udienza di discussione delle contestazioni e dei
reclami. Egli tenta di definire amichevolmente le questioni e, in caso
di risultato negativo, pronuncia unica sentenza.
Art.
158
(Domande
di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili)
Le
disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche alle domande
di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili possedute
dal fallito.
Art.
159
(Concordato)
La
proposta del concordato è approvata se riporta il consenso della
maggioranza di numero e di somma dei creditori che hanno diritto al
voto.
Il
giudice, accertato il concorso delle maggioranze indicate nel comma
precedente e qualora ritenga tuttora conveniente il concordato, lo
approva con decreto e dispone per la sua esecuzione.
Contro
il decreto che approva o respinge il concordato non è ammesso
gravame.
·
Titolo
III
Capo
I
DELL'AMMISSIONE
ALLA PROCEDURA DI CONCORDATO PREVENTIVO
Art.
160
(Condizioni
per l'ammissione alla procedura)
L'imprenditore
che si trova in istato d'insolvenza, fino a che il suo fallimento non
è dichiarato, può proporre ai creditori un concordato preventivo
secondo le disposizioni di questo titolo, se:
1)
è iscritto nel registro delle imprese da almeno un biennio o almeno
dall'inizio dell'impresa, se questa ha avuto una minore durata, ed ha
tenuto una regolare contabilità per la stessa durata;
2)
nei cinque anni precedenti non è stato dichiarato fallito o non è
stato ammesso a una procedura di concordato preventivo; 3) non è
stato condannato per bancarotta o per delitto contro il patrimonio, la
fede pubblica, l'economia pubblica, l'industria o il commercio.
La
proposta di concordato deve rispondere ad una delle seguenti
condizioni:
1)
che il debitore offra serie garanzie reali o personali di pagare
almeno il quaranta per cento dell'ammontare dei crediti chirografari
entro sei mesi dalla data di omologazione del concordato; ovvero, se
è proposta una dilazione maggiore, che egli offra le stesse garanzie
per il pagamento degli interessi legali sulle somme da corrispondere
oltre i sei mesi;
2)
che il debitore offra ai creditori per il pagamento dei suoi debiti la
cessione di tutti i beni esistenti nel suo patrimonio alla data della
proposta di concordato, tranne quelli indicati dall'art. 46, semprechè
la valutazione di tali beni faccia fondatamente ritenere che i
creditori possano essere soddisfatti almeno nella misura indicata al
n. 1.
Art.
161
(Domanda
di concordato)
La
domanda per l'ammissione alla procedura di concordato preventivo è
proposta con ricorso, firmato dal debitore, al tribunale del luogo in
cui trovasi la sede principale dell'impresa.
Nella
domanda il ricorrente deve esporre le cause che hanno determinato la
sua insolvenza e le ragioni della proposta di concordato.
Il
debitore deve presentare con il ricorso le scritture contabili, uno
stato analitico ed estimativo delle attività e l'elenco nominativo
dei creditori.
Per
la società la domanda deve essere approvata e sottoscritta a norma
dell'art. 152.
Art.
162
(Inammissibilità
della domanda)
Il
tribunale, sentito il pubblico ministero e occorrendo il debitore, con
decreto non soggetto a reclamo dichiara inammissibile la proposta se
non ricorrono le condizioni previste dal primo comma dell'art. 160 o
se ritiene che la proposta di concordato non risponde alle condizioni
indicate nel secondo comma dello stesso articolo .
In
tali casi il tribunale dichiara d'ufficio il fallimento del debitore.
Art.
163
(Ammissione
alla procedura)
Il
tribunale, se riconosce ammissibile la proposta, con decreto non
soggetto a reclamo, dichiara aperta la procedura di concordato
preventivo. Con lo stesso provvedimento:
1)
delega un giudice alla procedura di concordato;
2)
ordina la convocazione dei creditori non oltre trenta giorni dalla
data del provvedimento, e stabilisce il termine per la comunicazione
di questo ai creditori;
3)
nomina il commissario giudiziale, scegliendolo nel ruolo degli
amministratori giudiziari, osservate le disposizioni degli artt. 27,
28 e 29;
4)
stabilisce il termine non superiore a otto giorni entro il quale il
ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma
che si presume necessaria per l'intera procedura.
Qualora
non esegua il deposito prescritto il tribunale provvede a norma del
secondo comma dell'articolo precedente.
Art.
164
(Decreti
del giudice delegato)
I
decreti del giudice delegato sono soggetti a reclamo a norma dell'art.
26.
Il
decreto del tribunale che decide sul reclamo non è soggetto a
gravame.
Art.
165
(Commissario
giudiziale)
Il
commissario giudiziale è, per quanto attiene all'esercizio delle sue
funzioni, pubblico ufficiale.
Si
applicano al commissario giudiziale gli articoli 36, 37, 38 e 39.
Art.
166
(Pubblicità
del decreto)
Il
decreto è a cura del cancelliere pubblicato mediante affissione alla
porta esterna del tribunale e comunicato per l'iscrizione all'ufficio
del registro delle imprese. Esso è inoltre pubblicato nel foglio
degli annunzi legali della provincia e nei giornali eventualmente
indicati dal tribunale.
Se
il debitore possiede beni immobili o altri beni soggetti a pubblica
registrazione, si applica la disposizione del secondo comma dell'art.
88.
Capo
II
DEGLI
EFFETTI DELL'AMMISSIONE AL CONCORDATO PREVENTIVO
Art.
167
(Amministrazione
dei beni durante la procedura)
Durante
la procedura di concordato, il debitore conserva l'amministrazione dei
suoi beni e l'esercizio dell'impresa, sotto la vigilanza del
commissario giudiziale e la direzione del giudice delegato.
I
mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le
alienazioni di beni immobili, le concessioni di ipoteche o di pegno,
le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di
terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le
accettazioni di eredità e di donazioni e in genere gli atti eccedenti
la ordinaria amministrazione, compiuti senza l'autorizzazione scritta
del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori
al concordato.
Art.
168
(Effetti
della presentazione del ricorso)
Dalla
data della presentazione del ricorso e fino al passaggio in giudicato
della sentenza di omologazione del concordato, i creditori per titolo
o causa anteriore al decreto non possono, sotto pena di nullità,
iniziare o proseguire azioni esecutive sul patrimonio del debitore.
Le
prescrizioni che sarebbero state interrotte dagli atti predetti
rimangono sospese, e le decadenze non si verificano.
I
creditori non possono acquistare diritti di prelazione con efficacia
rispetto ai creditori concorrenti, salvo che vi sia autorizzazione del
giudice nei casi previsti dall'articolo precedente.
Art.
169
(Norme
applicabili)
Si
applicano, con riferimento alla data di presentazione della domanda di
concordato, le disposizioni degli articoli 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61,
62, 63.
Capo
III
DEI
PROVVEDIMENTI IMMEDIATI
Art.
170
(Scritture
contabili)
Il
giudice delegato, immediatamente dopo il decreto di ammissione al
concordato, ne fa annotazione sotto l'ultima scrittura dei libri
presentati.
I
libri sono restituiti al debitore, che deve tenerli a disposizione del
giudice delegato e del commissario giudiziale.
Art.
171
(Convocazione
dei creditori)
Il
commissario giudiziale deve procedere alla verifica dell'elenco dei
creditori e dei debitori con la scorta delle scritture contabili
presentate a norma dell'art. 161, apportando le necessarie rettifiche.
Il
commissario giudiziale provvede a comunicare con raccomandata o con
telegramma ai creditori un avviso contenente la data di convocazione
dei creditori e le proposte del debitore.
Quando
la comunicazione prevista dal comma precedente è sommamente difficile
per il rilevante numero dei creditori o per la difficoltà di
identificarli tutti, il tribunale, sentito il commissario giudiziale,
può dare l'autorizzazione prevista dall'art. 126.
Se
vi sono obbligazionisti, il termine previsto dall'art. 163, primo
comma, n. 2, deve essere raddoppiato.
In
ogni caso l'avviso di convocazione per gli obbligazionisti è
comunicato al loro rappresentante comune.
Sono
salve per le imprese esercenti il credito le disposizioni del R.D.L. 8
febbraio 1924, n. 136.
Art.
172
(Operazioni
e relazione del commissario)
Il
commissario giudiziale redige l'inventario del patrimonio del debitore
e una relazione particolareggiata sulle cause del dissesto, sulla
condotta del debitore, sulle proposte di concordato e sulle garanzie
offerte ai creditori, e la deposita in cancelleria almeno tre giorni
prima dell'adunanza dei creditori.
Su
richiesta del commissario il giudice può nominare uno stimatore che
lo assista nella valutazione dei beni.
Art.
173
(Dichiarazione
del fallimento nel corso della procedura)
Il
commissario giudiziale, se accerta che il debitore ha occultato o
dissimulato parte dell'attivo, dolosamente omesso di denunciare uno o
più crediti, esposto passività insussistenti o commesso altri atti
di frode, deve darne immediata notizia al giudice delegato, il quale,
fatte le opportune indagini, promuove dal tribunale la dichiarazione
di fallimento.
Il
fallimento è dichiarato anche se il debitore durante la procedura di
concordato compie atti non autorizzati a norma dell'art. 167 o
comunque diretti a frodare le ragioni dei creditori, o se in qualunque
momento risulta che mancano le condizioni prescritte per
l'ammissibilità del concordato.
Capo
IV
DELLA
DELIBERAZIONE DEL CONCORDATO PREVENTIVO
Art.
174
(Adunanza
dei creditori)
L'adunanza
dei creditori è presieduta dal giudice delegato.
Ogni
creditore può farsi rappresentare da un mandatario speciale, con
procura che può essere scritta senza formalità sull'avviso di
convocazione.
Il
debitore o chi ne ha la legale rappresentanza deve intervenire
personalmente. Solo in caso di assoluto impedimento, accertato dal
giudice delegato, può farsi rappresentare da un mandatario speciale.
Possono
intervenire anche i coobbligati, i fideiussori del debitore e gli
obbligati in via di regresso.
Art.
175
(Discussione
della proposta di concordato)
Nell'adunanza
dei creditori il commissario giudiziale illustra la sua relazione e le
proposte definitive del debitore.
Ciascun
creditore può esporre le ragioni per le quali non ritiene ammissibile
o accettabile la proposta di concordato e sollevare contestazioni sui
crediti concorrenti.
Il
debitore ha facoltà di rispondere e contestare a sua volta i crediti,
e ha il dovere di fornire al giudice gli opportuni chiarimenti.
Art.
176
(Ammissione
provvisoria dei crediti contestati)
Il
giudice delegato può ammettere provvisoriamente in tutto o in parte i
crediti contestati ai soli fini del voto e del calcolo delle
maggioranze, senza che ciò pregiudichi le pronunzie definitive sulla
sussistenza dei crediti stessi.
I
creditori esclusi possono opporsi alla esclusione in sede di
omologazione del concordato nel caso in cui la loro ammissione avrebbe
avuto influenza sulla formazione delle maggioranze.
Art.
177
(Maggioranza
per l'approvazione del concordato)
Il
concordato deve essere approvato dalla maggioranza dei creditori
votanti, la quale rappresenti due terzi della totalità dei crediti
ammessi al voto.
I
creditori che hanno diritto di prelazione sui beni del debitore non
partecipano al voto a meno che rinuncino al diritto di prelazione. La
rinuncia può essere anche parziale purché non sia inferiore alla
terza parte dell'intero credito tra capitale e accessori.
Gli
effetti della rinuncia cessano se il concordato non ha luogo o è
posteriormente annullato o risoluto. Il voto di adesione dato senza
dichiarazione di limitata rinuncia importa rinuncia all'ipoteca, al
pegno o al privilegio per l'intero credito.
Sono
parimenti esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge
del debitore, i suoi parenti e affini fino al quarto grado, i
cessionari o aggiudicatari dei loro crediti da meno di un anno prima
della proposta di concordato.
Art.
178
(Adesioni
alla proposta di concordato)
Nel
processo verbale dell'adunanza dei creditori sono inseriti i voti
favorevoli e contrari dei creditori con l'indicazione nominativa dei
votanti e dell'ammontare dei rispettivi crediti.
Il
processo verbale è sottoscritto dal giudice delegato, dal commissario
e dal cancelliere.
Se
nel giorno stabilito non è possibile compiere tutte le operazioni, la
loro continuazione viene rimessa dal giudice ad un'udienza prossima,
non oltre otto giorni, senza bisogno di avviso agli assenti.
Le
adesioni, pervenute per telegramma o per lettera nei venti giorni
successivi alla chiusura del verbale, sono annotate dal cancelliere in
calce al medesimo. Se il concordato è stato approvato dalla
maggioranza dei creditori votanti nell'adunanza, senza che tale
maggioranza abbia raggiunto i due terzi della totalità dei crediti,
le adesioni sono valutate agli effetti del computo della maggioranza
dei crediti.
Capo
V
DELL'OMOLOGAZIONE
DEL CONCORDATO PREVENTIVO
Art.
179
(Mancata
approvazione del concordato)
Se
nei termini stabiliti non si raggiungono le maggioranze richieste
negli artt. 177 e 178, il giudice delegato ne riferisce immediatamente
al tribunale, che deve provvedere a norma dell'art. 162, secondo
comma.
Art.
180
(Approvazione
del concordato e udienza di omologazione)
Se
le maggioranze sono raggiunte, il giudice delegato con ordinanza
pubblicata per affissione, fissa l'udienza di comparizione davanti a sé
non oltre trenta giorni dall'affissione dell'ordinanza.
I
creditori dissenzienti e qualunque interessato che intendono opporsi
all'omologazione del concordato devono notificare l'opposizione al
debitore e al commissario giudiziale e costituirsi almeno cinque
giorni prima dell'udienza. L'atto d'opposizione deve contenerne i
motivi.
Nello
stesso termine il commissario giudiziale deposita in cancelleria il
suo parere motivato.
Il
debitore, anche se non costituito, può presentarsi all'udienza per
essere sentito dal giudice.
Il
giudice procede a norma degli artt. 183 e seguenti del codice di
procedura civile e fissa l'udienza innanzi al collegio entro i dieci
giorni successivi.
Art.
181
(Sentenza
di omologazione)
Il
tribunale, accertata la sussistenza delle condizioni di ammissibilità
del concordato e la regolarità della procedura, deve valutare:
1)
la convenienza economica del concordato per i creditori, in relazione
alle attività esistenti e all'efficienza dell'impresa;
2)
se sono state raggiunte le maggioranze prescritte dalla legge, anche
in relazione agli eventuali creditori esclusi che abbiano fatto
opposizione all'esclusione;
3)
se le garanzie offerte danno la sicurezza dell'adempimento del
concordato e, nel caso previsto dall'art. 160, comma secondo, n. 2, se
i beni offerti sono sufficienti per il pagamento dei crediti nella
misura indicata nell'articolo stesso;
4)
se il debitore, in relazione alle cause che hanno provocato il
dissesto e alla sua condotta, è meritevole del concordato.
Concorrendo
tali condizioni, il tribunale pronunzia sentenza di omologazione del
concordato; in mancanza dichiara il fallimento del debitore.
Nella
sentenza di omologazione il tribunale determina l'ammontare delle
somme che il debitore deve depositare secondo il concordato per i
crediti contestati. Determina altresì le modalità per il versamento
delle somme dovute alle singole scadenze in esecuzione del concordato
o rimette al giudice delegato di stabilirle con decreto successivo.
Si
applicano gli ultimi due commi dell'art. 130.
Art.
182
(Provvedimenti
in caso di cessione di beni)
Se
il concordato consiste nella cessione dei beni e non dispone
diversamente, il tribunale nomina nella sentenza di omologazione uno o
più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere
alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione.
Art.
183
(Appello
contro la sentenza di omologazione)
Contro
la sentenza che omologa o respinge il concordato possono appellare gli
opponenti e il debitore entro quindici giorni dall'affissione .
L'atto
di appello è notificato al debitore, al commissario giudiziale e alle
parti costituite in giudizio.
La
sentenza è pubblicata a norma dell'art. 17 ed il termine per
ricorrere per cassazione decorre dalla data dell'affissione .
Art.
184
(Effetti
del concordato per i creditori)
Il
concordato omologato è obbligatorio per tutti i creditori anteriori
al decreto di apertura della procedura di concordato. Tuttavia essi
conservano impregiudicati i diritti contro i coobbligati, i
fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso.
Salvo
patto contrario, il concordato della società ha efficacia nei
confronti dei soci illimitatamente responsabili.
Capo
VI
DELL'ESECUZIONE,
DELLA RISOLUZIONE E DELL'ANNULLAMENTO DEL CONCORDATO PREVENTIVO
Art.
185
(Esecuzione
del concordato)
Dopo
l'omologazione del concordato, il commissario giudiziale ne sorveglia
l'adempimento, secondo le modalità stabilite nella sentenza di
omologazione. Egli deve riferire al giudice ogni fatto dal quale possa
derivare pregiudizio ai creditori.
Si
applica il secondo comma dell'art. 136.
Art.
186
(Risoluzione
e annullamento del concordato)
Si
applicano al concordato preventivo le disposizioni degli artt. 137 e
138, intendendosi sostituito al curatore il commissario giudiziale.
Nel
caso di concordato mediante cessione dei beni a norma dell'art. 160,
comma secondo, n. 2, questo non si risolve se nella liquidazione dei
beni si sia ricavata una percentuale inferiore al quaranta per cento.
Con
la sentenza che risolve o annulla il concordato il tribunale dichiara
il fallimento.
Titolo
IV
DELL'AMMINISTRAZIONE
CONTROLLATA
Art.
187
(Domanda
di ammissione alla procedura)
L'imprenditore
che si trova in temporanea difficoltà di adempiere le proprie
obbligazioni, se ricorrono le condizioni previste dai numeri 1), 2) e
3) del primo comma dell'articolo 160 e vi siano comprovate possibilità
di risanare l'impresa, può chiedere al tribunale il controllo della
gestione della sua impresa e dell'amministrazione dei suoi beni a
tutela degli interessi dei creditori per un periodo non superiore a
due anni.
La
domanda si propone nelle forme stabilite dall'articolo 161.
Art.
188
(Ammissione
alla procedura)
Il
tribunale, se concorrono le condizioni stabilite dalla legge e se
ritiene il debitore meritevole del beneficio, ammette il ricorrente
alla procedura di amministrazione controllata con decreto non soggetto
a reclamo. Con lo stesso provvedimento:
1)
delega un giudice alla procedura;
2)
ordina la convocazione dei creditori non oltre i trenta giorni dalla
data del provvedimento e stabilisce il termine per la comunicazione
del provvedimento stesso ai creditori;
3)
nomina il commissario giudiziale secondo le disposizioni degli artt.
27, 28 e 29;
4)
stabilisce il termine non superiore a otto giorni entro il quale il
ricorrente deve depositare nella cancelleria del tribunale la somma
che si presume necessaria per l'intera procedura.
Il
decreto è pubblicato a norma dell'art. 166 e per la durata della
procedura produce gli effetti stabiliti dagli artt. 167 e 168.
Si
applicano inoltre le disposizioni degli articoli 164, 165, 170 a 173.
Art.
189
(Adunanza
dei creditori)
Alla
deliberazione dei creditori si applicano le disposizioni degli artt.
174, 175, 176, primo comma, 177, quarto comma, 178, primo, secondo e
terzo comma.
Si
tiene conto a tutti gli effetti dei voti dati per lettera o per
telegramma, purché pervenuti prima della chiusura delle operazioni.
La
proposta del debitore è approvata quando riporta il voto favorevole
della maggioranza dei creditori che rappresenti la maggioranza dei
crediti, esclusi i creditori aventi diritti di prelazione sui beni del
debitore.
Se
le maggioranze prescritte non sono raggiunte cessano gli effetti del
decreto di ammissione alla procedura.
Art.
190
(Provvedimenti
del giudice delegato)
Se
le maggioranze prescritte sono raggiunte, il giudice delegato, tenuto
conto del parere dei creditori intervenuti all'adunanza, nomina con
decreto un comitato di tre o cinque creditori che assiste il
commissario giudiziale.
Contro
il decreto del giudice delegato è ammesso reclamo da parte di ogni
interessato entro dieci giorni dalla sua data. Il tribunale decide in
camera di consiglio con decreto non soggetto a gravame .
Art.
191
(Poteri
di gestione del commissario giudiziale)
Durante
la procedura il tribunale, su istanza di ogni interessato o d'ufficio
sentito il comitato dei creditori, può con decreto non soggetto a
reclamo affidare al commissario giudiziale in tutto o in parte la
gestione dell'impresa e l'amministrazione dei beni del debitore,
determinando i poteri.
Il
decreto è pubblicato a norma dell'art. 166.
In
tal caso il commissario al termine del suo ufficio deve rendere conto
della sua amministrazione a norma dell'art. 116.
Art.
192
(Relazioni
dell'amministrazione e revoca dell'amministrazione controllata)
Il
commissario giudiziale riferisce ogni due mesi al giudice delegato
sull'andamento dell'impresa.
Il
commissario giudiziale e il comitato dei creditori devono inoltre
denunciare al giudice delegato i fatti che consigliano la revoca
dell'amministrazione controllata, non appena ne vengano a conoscenza.
Se
in qualunque momento risulta che l'amministrazione controllata non può
utilmente essere continuata, il giudice delegato, promuove dal
tribunale la dichiarazione di fallimento salva la facoltà
dell'imprenditore di proporre il concordato preventivo secondo le
disposizioni del titolo precedente.
Art.
193
(Fine
dell'amministrazione controllata)
Il
debitore che dimostra di essere in grado di soddisfare regolarmente le
proprie obbligazioni può chiedere al tribunale anche prima del
termine stabilito la cessazione della procedura. In tal caso il
tribunale provvede con decreto pubblicato a norma dell'art. 17.
Se
al termine dell'amministrazione controllata risulta che l'impresa non
è in condizioni di adempiere regolarmente le proprie obbligazioni, si
applica il terzo comma dell'articolo precedente.
Titolo
V
DELLA
LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA
Art.
194
(Norme
applicabili)
La
liquidazione coatta amministrativa è regolata dalle disposizioni del
presente titolo, salvo che le leggi speciali dispongano diversamente.
Sono
abrogate le disposizioni delle leggi speciali, incompatibili con
quelle degli artt. 195, 196, 200, 201, 202, 203, 209, 211 e 213.
Art.
195
(Accertamento
giudiziario dello stato d'insolvenza anteriore alla liquidazione
coatta amministrativa)
Se
un'impresa, soggetta a liquidazione coatta amministrativa con
esclusione del fallimento si trova in stato di insolvenza, il
tribunale del luogo dove l'impresa ha la sede principale, su richiesta
di uno o più creditori, dichiara tale stato con sentenza in camera di
consiglio. Con la stessa sentenza o con successivo decreto adotta i
provvedimenti conservativi che ritenga opportuni nell'interesse dei
creditori fino all'inizio della procedura di liquidazione.
Prima
di provvede il tribunale deve sentire l'autorità governativa che ha
la vigilanza sull'impresa .
La
sentenza è comunicata entro tre giorni, a norma dell'art. 136 del
codice di procedura civile, all'autorità competente perché disponga
la liquidazione. Essa è inoltre notificata e affissa nei modi e nei
termini stabiliti per la sentenza dichiarativa di fallimento.
Contro
la sentenza predetta può essere proposta opposizione da qualunque
interessato, entro trenta giorni dall'affissione davanti al tribunale
che l'ha pronunciata, in contraddittorio col commissario liquidatore.
Il
termine per appellare è di quindici giorni dalla notificazione della
sentenza.
Il
tribunale che respinge il ricorso per la dichiarazione d'insolvenza
provvede con decreto motivato. Contro il decreto è ammesso reclamo a
norma dell'art. 2.
Il
tribunale provvede d'ufficio alla dichiarazione d'insolvenza a norma
di questo articolo quando nel corso della procedura di concordato
preventivo o di amministrazione controllata di una impresa soggetta a
liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, si
verificano le condizioni per le quali a norma delle disposizioni
contenute nei titoli III e IV si dovrebbe far luogo alla dichiarazione
di fallimento.
Le
disposizioni di questo articolo non si applicano agli enti pubblici.
Art.
196
(Concorso
fra fallimento e liquidazione coatta amministrativa)
Per
le imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa, per le quali
la legge non esclude la procedura fallimentare, la dichiarazione di
fallimento preclude la liquidazione coatta amministrativa e il
provvedimento di liquidazione coatta amministrativa preclude la
dichiarazione di fallimento.
Art.
197
(Provvedimento
di liquidazione)
Il
provvedimento che ordina la liquidazione entro dieci giorni dalla sua
data è pubblicato integralmente, a cura dell'autorità che lo ha
emanato nella Gazzetta Ufficiale del Regno ed è comunicato per
l'iscrizione all'ufficio del registro delle imprese, salve le altre
forme di pubblicità disposte nel provvedimento.
Art.
198
(Organi
della liquidazione amministrativa)
Con
il provvedimento che ordina la liquidazione o con altro successivo
viene nominato un commissario liquidatore. E' altresì nominato un
comitato di sorveglianza di tre o cinque membri scelti fra persone
particolarmente esperte nel ramo di attività esercitato dall'impresa,
possibilmente fra i creditori.
Qualora
l'importanza dell'impresa lo consigli, possono essere nominati tre
commissari liquidatori. In tal caso essi deliberano a maggioranza, e
la rappresentanza è esercitata congiuntamente da due di essi. Nella
liquidazione delle cooperative la nomina del comitato di sorveglianza
è facoltativo.
Art.
199
(Responsabilità
del commissario liquidatore)
Il
commissario liquidatore è, per quanto attiene all'esercizio delle sue
funzioni, pubblico ufficiale.
Durante
la liquidazione l'azione di responsabilità contro il commissario
liquidatore revocato è proposta dal nuovo liquidatore con
l'autorizzazione dell'autorità che vigila sulla liquidazione.
Si
applicano al commissario liquidatore le disposizioni degli artt. 32,
37 e 38, primo comma, intendendosi sostituiti nei poteri del tribunale
e del giudice delegato quelli dell'autorità che vigila sulla
liquidazione.
Art.
200
(Effetti
del provvedimento di liquidazione per l'impresa)
Dalla
data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano gli
artt. 42, 44, 45, 46 e 47 e se l'impresa è una società o una persona
giuridica cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di
amministrazione e di controllo, salvo per il caso previsto dall'art.
214.
Nelle
controversie anche in corso, relative a rapporti di diritto
patrimoniale dell'impresa, sta in giudizio il commissario liquidatore.
Art.
201
(Effetti
della liquidazione per i creditori e sui rapporti giuridici
preesistenti)
Dalla
data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano le
disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV e le
disposizioni dell'art. 66.
Si
intendono sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato
l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri
del curatore il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei
creditori il comitato di sorveglianza.
Art.
202
(Accertamento
giudiziario dello stato d'insolvenza)
Se
l'impresa al tempo in cui è stata ordinata la liquidazione, si
trovava in stato d'insolvenza e questa non è stata preventivamente
dichiarata a norma dell'art. 195, il tribunale del luogo dove
l'impresa ha la sede principale, su ricorso del commissario
liquidatore o su istanza del pubblico ministero, accerta tale stato
con sentenza in camera di consiglio, anche se la liquidazione è stata
disposta per insufficienza di attivo.
Si
applicano le norme dell'art. 195, commi secondo, terzo, quarto, quinto
e sesto.
Art.
203
(Effetti
dell'accertamento giudiziario dello stato d'insolvenza)
Accertato
giudizialmente lo stato d'insolvenza a norma degli artt. 195 o 202,
sono applicabili con effetto dalla data del provvedimento che ordina
la liquidazione le disposizioni del titolo II, capo III, sezione III,
anche nei riguardi dei soci a responsabilità illimitata.
L'esercizio
delle azioni di revoca degli atti compiuti in frode dei creditori
compete al commissario liquidatore.
Il
commissario liquidatore presenta al procuratore del Re Imperatore una
relazione in conformità di quanto è disposto dall'art. 33, primo
comma.
Art.
204
(Commissario
liquidatore)
Il
commissario liquidatore procede a tutte le operazioni della
liquidazione secondo le direttive dell'autorità che vigila sulla
liquidazione, e sotto il controllo del comitato di sorveglianza.
Egli
prende in consegna i beni compresi nella liquidazione, le scritture
contabili e gli altri documenti dell'impresa richiedendo, ove occorra,
l'assistenza di un notaio.
Il
commissario liquidatore forma quindi l'inventario, nominando se
necessario, uno o più stimatori per la valutazione dei beni.
Art.
205
(Relazione
del commissario)
L'imprenditore
o, se l'impresa è una società o una persona giuridica, gli
amministratori devono rendere al commissario liquidatore il conto
della gestione relativo al tempo posteriore all'ultimo bilancio.
Il
commissario è dispensato dal formare il bilancio annuale, ma deve
presentare alla fine di ogni semestre all'autorità che vigila sulla
liquidazione una relazione sulla situazione patrimoniale dell'impresa
e sull'andamento della gestione accompagnata da un rapporto del
comitato di sorveglianza.
Art.
206
(Poteri
del commissario)
L'azione
di responsabilità contro gli amministratori e i componenti degli
organi di controllo dell'impresa in liquidazione, a norma degli artt.
2393 e 2394 del codice civile, è esercitata dal commissario
liquidatore, previa autorizzazione dell'autorità che vigila sulla
liquidazione.
Per
il compimento degli atti previsti dall'art. 35, in quanto siano di
valore indeterminato o di valore superiore a lire cinquantamila e per
la continuazione dell'esercizio dell'impresa il commissario deve
essere autorizzato dall'autorità predetta, la quale provvede sentito
il comitato di sorveglianza.
Art.
207
(Comunicazione
ai creditori e ai terzi)
Entro
un mese dalla nomina, il commissario comunica a ciascun creditore
mediante raccomandata con avviso di ricevimento le somme risultanti a
credito di ciascuno secondo le scritture contabili e i documenti
dell'impresa. La comunicazione s'intende fatta con riserva delle
eventuali contestazioni.
Analoga
comunicazione è fatta a coloro che possono far valere domande di
rivendicazione, restituzione e separazione su cose mobili possedute
dall'impresa.
Entro
quindici giorni dal ricevimento della raccomandata i creditori e le
altre persone indicate nel comma precedente possono far pervenire al
commissario mediante raccomandata le loro osservazioni o istanze.
Art.
208
(Domande
dei creditori e dei terzi)
I
creditori e le altre persone indicate nell'articolo precedente che non
hanno ricevuto la comunicazione prevista dal predetto articolo possono
chiedere mediante raccomandata, entro sessanta giorni dalla
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del provvedimento di
liquidazione, il riconoscimento dei propri crediti e la restituzione
dei loro beni.
Art.
209
(Formazione
dello stato passivo)
Salvo
che le leggi speciali stabiliscano un maggior termine, entro novanta
giorni dalla data del provvedimento di liquidazione, il commissario
forma l'elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande indicate
nel secondo comma dell'art. 207 accolte o respinte, e le deposita
nella cancelleria del luogo dove l'impresa ha la sede principale,
dandone notizia con raccomandata con avviso di ricevimento a coloro la
cui pretesa non sia in tutto o in parte ammessa. Col deposito in
cancelleria l'elenco diventa esecutivo.
Le
opposizioni, a norma dell'art. 98, e le impugnazioni, a norma
dell'art. 100, sono proposte, entro quindici giorni dal deposito, con
ricorso al presidente del tribunale, osservate le disposizioni del
secondo comma dell'art. 93 .
Il
presidente del tribunale nomina un giudice per l'istruzione e per i
provvedimenti ulteriori. Sono osservate le disposizioni degli artt. da
98 a 103, in quanto applicabili, sostituiti al giudice delegato il
giudice istruttore e al curatore il commissario liquidatore.
Restano
salve le disposizioni delle leggi speciali relative all'accertamento
dei crediti chirografari nella liquidazione delle imprese che
esercitano il credito.
Art.
210
(Liquidazione
dell'attivo)
Il
commissario ha tutti i poteri necessari per la liquidazione
dell'attivo, salve le limitazioni stabilite dall'autorità che vigila
sulla liquidazione.
In
ogni caso per la vendita degli immobili e per la vendita dei mobili in
blocco occorrono l'autorizzazione dell'autorità che vigila sulla
liquidazione e il parere del comitato di sorveglianza. Nel caso di
società con soci a responsabilità limitata il presidente del
tribunale può, su proposta del commissario liquidatore, ingiungere
con decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti
titolari delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora
dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il
pagamento.
Art.
211
(Società
con responsabilità sussidiaria limitata o illimitata dei soci)
Nella
liquidazione di una società con responsabilità sussidiaria limitata
o illimitata dei soci, il commissario liquidatore, dopo il deposito
nella cancelleria del tribunale dell'elenco previsto dall'art. 209,
comma primo, previa autorizzazione dell'autorità che vigila sulla
liquidazione, può chiedere ai soci il versamento delle somme che egli
ritiene necessarie per l'estinzione delle passività. Si osservano per
il rimanente le disposizioni dell'art. 151, sostituiti ai poteri del
giudice delegato quelli del presidente del tribunale e al curatore il
commissario liquidatore ed escluso il reclamo a norma dell'art. 26.
Art.
212
(Ripartizione
dell'attivo)
Le
somme ricavate dalla liquidazione dell'attivo sono distribuite secondo
l'ordine stabilito nell'art. 111.
Previo
il parere del comitato di sorveglianza, e con l'autorizzazione
dell'autorità che vigila sulla liquidazione, il commissario può
distribuire acconti parziali, sia a tutti i creditori, sia ad alcune
categorie di essi, anche prima che siano realizzate tutte le attività
e accertate tutte le passività.
Le
domande tardive per l'ammissione di crediti o per il riconoscimento
dei diritti reali non pregiudicano le ripartizioni già avvenute, e
possono essere fatte valere sulle somme non ancora distribuite,
osservate le disposizioni dell'art. 112.
Alle
ripartizioni parziali si applicano le disposizioni dell'art. 113.
Art.
213
(Chiusura
della liquidazione)
Prima
dell'ultimo riparto ai creditori, il bilancio finale della
liquidazione con il conto della gestione e il piano di riparto tra i
creditori, accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza,
devono essere sottoposti all'autorità, che vigila sulla liquidazione,
la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria del tribunale
e liquida il compenso al commissario. Dell'avvenuto deposito è data
notizia mediante inserzione nella Gazzetta Ufficiale del Regno e nei
giornali che siano designati dall'autorità che vigila sulla
liquidazione.
Nel
termine di venti giorni dall'inserzione nella Gazzetta Ufficiale, gli
interessati possono proporre, con ricorso al tribunale, le loro
contestazioni. Esse sono comunicate, a cura del cancelliere,
all'autorità che vigila sulla liquidazione, al commissario
liquidatore e al comitato di sorveglianza, che nel termine di venti
giorni possono presentare nella cancelleria del tribunale le loro
osservazioni. Il presidente del tribunale nomina un giudice per
l'istruzione e per i provvedimenti ulteriori a norma dell'art. 189 del
codice di procedura civile.
Decorso
il termine indicato senza che siano proposte osservazioni, il
bilancio, il conto di gestione e il piano di reparto si intendono
approvati, e il commissario provvede alle ripartizioni finali tra i
creditori. Si applicano le norme dell'art. 117, e se del caso degli
artt. 2456 e 2457 del codice civile.
Art.
214
(Concordato)
Dopo
il deposito dell'elenco previsto dall'art. 209 l'autorità che vigila
sulla liquidazione, su parere del commissario liquidatore, sentito il
comitato di sorveglianza può autorizzare l'impresa in liquidazione a
proporre al tribunale un concordato, osservate le disposizioni
dell'art. 152, se si tratta di società.
La
proposta di concordato deve indicare le condizioni e le eventuali
garanzie. Essa è depositata nella cancelleria del tribunale col
parere del commissario liquidatore e del comitato di sorveglianza e
pubblicata nelle forme disposte dall'autorità che vigila sulla
liquidazione. Entro trenta giorni dal deposito gli interessati possono
presentare nella cancelleria le loro opposizioni che vengono
comunicate al commissario.
Il
tribunale, sentito il parere dell'autorità che vigila sulla
liquidazione, decide sulla proposta di concordato, tenendo conto delle
opposizioni, con sentenza in camera di consiglio. La sentenza che
approva il concordato è pubblicata a norma dell'art. 17 e nelle altre
forme che sono stabilite dal tribunale.
Contro
la sentenza, che approva o respinge il concordato, l'impresa in
liquidazione, il commissario liquidatore e gli opponenti possono
appellare entro quindici giorni dall'affissione. La sentenza è
pubblicata a norma del comma precedente e il termine per il ricorso in
cassazione decorre dall'affissione.
Il
commissario liquidatore con l'assistenza del comitato di sorveglianza
sorveglia l'esecuzione del concordato.
Art.
215
(Risoluzione
e annullamento del concordato)
Se
il concordato non è eseguito, il tribunale, su ricorso del
commissario liquidatore o di uno o più creditori, pronuncia, con
sentenza in camera di consiglio e non soggetta a gravame, la
risoluzione del concordato. Si applicano le disposizioni dei commi
terzo e quarto dell'art. 137.
Su
richiesta del commissario o dei creditori il concordato può essere
annullato a norma dell'art. 138.
Risolto
o annullato il concordato, si riapre la liquidazione amministrativa e
l'autorità che vigila sulla liquidazione adotta i provvedimenti che
ritiene necessari.
Titolo
VI
DISPOSIZIONI
PENALI
Capo
I
REATI
COMMESSI DAL FALLITO
Art.
216
(Bancarotta
fraudolenta)
E'
punito con la reclusione da tre a dieci anni, se è dichiarato
fallito, l'imprenditore che:
1)
ha distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato in tutto o
in parte i suoi beni ovvero, allo scopo di recare pregiudizio ai
creditori, ha esposto o riconosciuto passività inesistenti;
2)
ha sottratto, distrutto o falsificato, in tutto o in parte, con lo
scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare
pregiudizi ai creditori, i libri o le altre scritture contabili o li
ha tenuti in guisa da non rendere possibile la ricostruzione del
patrimonio o del movimento degli affari.
La
stessa pena si applica all'imprenditore, dichiarato fallito, che,
durante la procedura fallimentare, commette alcuno dei fatti preveduti
dal n. 1 del comma precedente ovvero sottrae, distrugge o falsifica i
libri o le altre scritture contabili.
E'
punito con la reclusione da uno a cinque anni il fallito che, prima o
durante la procedura fallimentare, a scopo di favorire, a danno dei
creditori, taluno di essi, esegue pagamenti o simula titoli di
prelazione.
Salve
le altre pene accessorie, di cui al capo III, titolo II, libro I del
codice penale, la condanna per uno dei fatti previsti nel presente
articolo importa per la durata di dieci anni l'inabilitazione
all'esercizio di una impresa commerciale e l'incapacità per la stessa
durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa.
Art.
217
(Bancarotta
semplice)
E'
punito con la reclusione da sei mesi a due anni, se è dichiarato
fallito, l'imprenditore che, fuori dai casi preveduti nell'articolo
precedente:
1)
ha fatto spese personali o per la famiglia eccessive rispetto alla sua
condizione economica;
2)
ha consumato una notevole parte del suo patrimonio in operazioni di
pura sorte o manifestamente imprudenti;
3)
ha compiuto operazioni di grave imprudenza per ritardare il
fallimento;
4)
ha aggravato il proprio dissesto, astenendosi dal richiedere la
dichiarazione del proprio fallimento o con altra grave colpa;
5)
non ha soddisfatto le obbligazioni assunte in un precedente concordato
preventivo o fallimentare.
La
stessa pena si applica al fallito che, durante i tre anni antecedenti
alla dichiarazione di fallimento ovvero dall'inizio dell'impresa, se
questa ha avuto una minore durata, non ha tenuto i libri e le altre
scritture contabili prescritti dalla legge o li ha tenuti in maniera
irregolare o incompleta.
Salve
le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del
codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di
un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi
presso qualsiasi impresa fino a due anni.
Art.
218
(Ricorso
abusivo al credito)
Salvo
che il fatto costituisca un reato più grave, è punito con la
reclusione fino a due anni l'imprenditore esercente un'attività
commerciale che, ricorre o continua a ricorrere al credito,
dissimulando il proprio dissesto.
Salve
le altre pene accessorie di cui al capo III, titolo II, libro I del
codice penale, la condanna importa l'inabilitazione all'esercizio di
un'impresa commerciale e l'incapacità ad esercitare uffici direttivi
presso qualsiasi impresa fino a tre anni.
Art.
219
(Circostanze
aggravanti e circostanza attenuante)
Nel
caso in cui i fatti previsti negli artt. 216, 217 e 218 hanno
cagionato un danno patrimoniale di rilevante gravità, le pene da essi
stabilite sono aumentate fino alla metà.
Le
pene stabilite negli articoli suddetti sono aumentate:
1)
se il colpevole ha commesso più fatti tra quelli previsti in ciascuno
degli articoli indicati;
2)
se il colpevole per divieto di legge non poteva esercitare un'impresa
commerciale.
Nel
caso in cui i fatti indicati nel primo comma hanno cagionato un danno
patrimoniale di speciale tenuità, le pene sono ridotte fino al terzo.
Art.
220
(Denuncia
di creditori inesistenti e altre inosservanze da parte del fallito)
E'
punito con la reclusione da sei a diciotto mesi il fallito, il quale,
fuori dei casi preveduti all'art. 216, nell'elenco nominativo dei suoi
creditori denuncia creditori inesistenti od omette di dichiarare
l'esistenza di altri beni da comprendere nell'inventario, ovvero non
osserva gli obblighi imposti dagli art. 16, nn. 3 e 49.
Se
il fatto è avvenuto per colpa, si applica la reclusione fino ad un
anno.
Art.
221
(Fallimento
con procedimento sommario)
Se
al fallimento si applica il procedimento sommario le pene previste in
questo capo sono ridotte fino al terzo.
Art.
222
(Fallimento
delle società in nome collettivo e in accomandita semplice)
Nel
fallimento delle società in nome collettivo e in accomandita semplice
le disposizioni del presente capo si applicano ai fatti commessi dai
soci illimitatamente responsabili.
Capo
II
REATI
COMMESSI DA PERSONE DIVERSE DAL FALLITO
Art.
223
(Fatti
di bancarotta fraudolenta)
Si
applicano le pene stabilite nell'art. 216 agli amministratori, ai
direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate
fallite, i quali hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel
suddetto articolo.
Si
applica alle persone suddette la pena prevista dal primo comma
dell'art. 216, se:
1)
hanno commesso alcuno dei fatti preveduti dagli artt. 2621, 2622,
2623, 2628, 2630, comma primo, del codice civile;
2)
hanno cagionato con dolo o per effetto di operazioni dolose il
fallimento della società.
Si
applica altresì in ogni caso la disposizione dell'ultimo comma
dell'art. 216.
Art.
224
(Fatti
di bancarotta semplice)
Si
applicano le pene stabilite nell'art. 217 agli amministratori, ai
direttori generali, ai sindaci e ai liquidatori di società dichiarate
fallite, i quali:
1)
hanno commesso alcuno dei fatti preveduti nel suddetto articolo;
2)
hanno concorso a cagionare od aggravare il dissesto della società con
inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge.
Art.
225
(Ricorso
abusivo al credito)
Si
applicano le pene stabilite nell'art. 218 agli amministratori ed ai
direttori generali di società dichiarate fallite, i quali hanno
commesso il fatto in esso previsto.
Art.
226
(Denuncia
di crediti inesistenti)
Si
applicano le pene stabilite nell'art. 220 agli amministratori, ai
direttori generali e ai liquidatori di società dichiarate fallite,
che hanno commesso i fatti in esso indicati.
Art.
227
(Reati
dell'institore)
All'institore
dell'imprenditore, dichiarato fallito, il quale nella gestione
affidatagli si è reso colpevole dei fatti preveduti negli artt. 216,
217, 218 e 220 si applicano le pene in questi stabilite.
Art.
228
(Interesse
privato del curatore negli atti del fallimento)
Salvo
che al fatto non siano applicabili gli artt. 315, 317, 318, 319, 321,
322 e 323 del codice penale, il curatore che prende interesse privato
in qualsiasi atto del fallimento direttamente o per interposta persona
o con atti simulati è punito con la reclusione da due a sei anni e
con la multa non inferiore a lire 400.000.
La
condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici.
Art.
229
(Accettazione
di retribuzione non dovuta)
Il
curatore del fallimento che riceve o pattuisce una retribuzione, in
danaro o in altra forma, in aggiunta di quella liquidata in suo favore
dal tribunale o dal giudice delegato, è punito con la reclusione da
tre mesi a due anni e con la multa da lire 200.000 a 1.000.000 .
Nei
casi più gravi alla condanna può aggiungersi l'inabilitazione
temporanea all'ufficio di amministratore per la durata non inferiore a
due anni.
Art.
230
(Omessa
consegna o deposito di cose del fallimento)
Il
curatore che non ottempera all'ordine del giudice di consegnare o
depositare somme o altra cosa del fallimento, ch'egli detiene a causa
del suo ufficio, è punito con la reclusione fino a due anni e con la
multa fino a lire 2.000.000 .
Se
il fatto avviene per colpa, si applica la reclusione fino a sei mesi o
la multa fino a lire 600.000 .
Art.
231
(Coadiutori
del curatore)
Le
disposizioni degli artt. 228, 229 e 230, si applicano anche alle
persone che coadiuvano il curatore nell'amministrazione del
fallimento.
Art.
232
(Domande
di ammissione di crediti simulati o distrazioni senza concorso col
fallito)
E'
punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da lire
100.000 a 1.000.000 , chiunque, fuori dei casi di concorso di
bancarotta, anche per interposta persona presenta domanda di
ammissione al passivo del fallimento per un credito fraudolentemente
simulato.
Se
la domanda è ritirata prima della verificazione dello stato passivo,
la pena è ridotta alla metà.
E'
punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque:
1)
dopo la dichiarazione di fallimento, fuori dei casi di concorso in
bancarotta o di favoreggiamento, sottrae, distrae, ricetta ovvero in
pubbliche o private dichiarazioni dissimula beni del fallito;
2)
essendo consapevole dello stato di dissesto dell'imprenditore distrae
o ricetta merci o altri beni dello stesso o li acquista a prezzo
notevolmente inferiore al valore corrente, se il fallimento si
verifica.
La
pena, nei casi previsti ai nn. 1 e 2, è aumentata se l'acquirente è
un imprenditore che esercita un'attività commerciale.
Art.
233
(Mercato
di voto)
Il
creditore che stipula col fallito o con altri nell'interesse del
fallito vantaggi a proprio favore per dare il suo voto nel concordato
o nelle deliberazioni del comitato dei creditori, è punito con la
reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa non inferiore a lire
200.000..
La
somma o le cose ricevute dal creditore sono confiscate.
La
stessa pena si applica al fallito e a chi ha contrattato col creditore
nell'interesse del fallito.
Art.
234
(Esercizio
abusivo di attività commerciale)
Chiunque
esercita un'impresa commerciale, sebbene si trovi in stato di
inabilitazione ad esercitarla per effetto di condanna penale, è
punito con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore
a lire 200.000..
Art.
235
(Omessa
trasmissione dell'elenco dei protesti cambiari)
Il
pubblico ufficiale abilitato a levare protesti cambiari che, senza
giustificato motivo, omette di inviare nel termine prescritto al
presidente del tribunale gli elenchi dei protesti cambiari per mancato
pagamento, o invia elenchi incompleti, è punito con la sanzione
amministrativa da lire 500.000 a lire 3.000.000.
La
stessa pena si applica al procuratore del registro che nel termine
prescritto non trasmette l'elenco delle dichiarazioni di rifiuto di
pagamento a norma dell'articolo 13, secondo comma, o trasmette un
elenco incompleto.
Capo
III
DISPOSIZIONI
APPLICABILI NEL CASO DI CONCORDATO PREVENTIVO, DI AMMINISTRAZIONE
CONTROLLATA E DI LIQUIDAZIONE COATTA AMMINISTRATIVA
Art.
236
(Concordato
preventivo e amministrazione controllata)
E'
punito con la reclusione da uno a cinque anni l'imprenditore, che, al
solo scopo di essere ammesso alla procedura di concordato preventivo
di amministrazione controllata, siasi attribuito attività
inesistenti, ovvero, per influire sulla formazione delle maggioranze,
abbia simulato crediti in tutto o in parte inesistenti.
Nel
caso di concordato preventivo o di amministrazione controllata, si
applicano:
1)
le disposizioni degli artt. 223 e 224 agli amministratori, direttori
generali, sindaci e liquidatori di società;
2)
la disposizione dell'art. 227 agli institori dell'imprenditore;
3)
le disposizioni degli artt. 228 e 229 al commissario del concordato
preventivo o dell'amministrazione controllata;
4)
le disposizioni degli artt. 232 e 233 ai creditori.
Art.
237
(Liquidazione
coatta amministrativa)
L'accertamento
giudiziale dello stato di insolvenza a norma degli articoli 195 e 202
è equiparato alla dichiarazione di fallimento ai fini
dell'applicazione delle disposizioni del presente titolo.
Nel
caso di liquidazione coatta amministrativa si applicano al commissario
liquidatore le disposizioni degli articoli 228 e 229, e 230.
Capo
IV
DISPOSIZIONI
DI PROCEDURA
Art.
238
(Esercizio
dell'azione penale per reati in materia di fallimento)
Per
reati previsti negli artt. 216, 217, 223 e 224, l'azione penale è
esercitata dopo la comunicazione della sentenza dichiarativa di
fallimento di cui all'art. 17.
E'
iniziata anche prima del caso previsto dall'art. 7 e in ogni altro in
cui concorrano gravi motivi e già esista o sia contemporaneamente
presentata domanda per ottenere la dichiarazione suddetta.
Art.
239
(Mandato
di cattura)
Art.
240
(Costituzione
di parte civile)
Il
curatore, il commissario giudiziale e il commissario liquidatore
possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per i reati
preveduti nel presente titolo, anche contro il fallito.
I
creditori possono costituirsi parte civile nel procedimento penale per
bancarotta fraudolenta quando manca la costituzione del curatore, del
commissario giudiziale o del commissario liquidatore o quando
intendono far valere un titolo di azione propria personale.
Art.
241
(Riabilitazione)
La
riabilitazione civile del fallito estingue il reato di bancarotta
semplice. Se vi è condanna, ne fa cessare l'esecuzione e gli effetti.
Titolo
VII
DISPOSIZIONI
TRANSITORIE
Art.
242
(Disposizione
generale)
Gli
effetti della sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata prima
della entrata in vigore del presente decreto sono regolati dalle leggi
anteriori.
Tuttavia
le forme del procedimento stabilite dal presente decreto si applicano
anche alle procedure di fallimento in corso, salvo quanto disposto
dagli articoli seguenti.
Conservano
in ogni caso la loro efficacia gli atti anteriormente compiuti, se
erano validi secondo le norme anteriori.
Art.
243
(Rappresentante
degli eredi)
Nei
fallimenti in corso il rappresentante degli eredi previsto dall'art.
12, comma secondo, deve essere designato entro quindici giorni
dall'entrata in vigore del presente decreto.
Art.
244
(Sentenza
dichiarativa di fallimento)
Le
opposizioni alla sentenza dichiarativa di fallimento pronunciata prima
dell'entrata in vigore del presente decreto sono regolate dalle leggi
anteriori.
Il
gravame contro il provvedimento che respinge la istanza di fallimento
è regolata dalle nuove disposizioni, semprechè la causa relativa non
sia stata già assegnata a sentenza.
Art.
245
(Deposito
delle somme riscosse)
Il
curatore, entro trenta giorni dalla data dell'entrata in vigore del
presente decreto, deve provvedere in conformità alle disposizioni
dell'art. 34 per i depositi di somme effettuati anteriormente alla
predetta data.
Art.
246
(Provvedimenti
del giudice delegato)
I
reclami contro i provvedimenti del giudice delegato sono regolati
dalle nuove disposizioni, semprechè le cause relative non siano già
state assegnate a sentenza.
Art.
247
(Delegazione
dei creditori)
Nei
fallimenti in corso le delegazioni dei creditori già costituite
rimangono in carica. Tuttavia ove si debba procedere alla sostituzione
di uno o più membri di essi, si applicano le norme dell'art. 40.
Art.
248
(Esercizio
provvisorio)
Le
disposizioni dell'art. 90 si applicano anche all'esercizio provvisorio
dell'impresa del fallito in corso alla data di entrata in vigore del
presente decreto.
Art.
249
(Giudizi
di retrodatazione)
Per
i fallimenti dichiarati anteriormente all'entrata in vigore del
presente decreto il giudizio per la determinazione della data di
cessazione dei pagamenti e le opposizioni contro la sentenza che
determina tale data sono regolati dalle leggi anteriori, salva
l'osservanza dell'art. 265.
Art.
250
(Accertamento
del passivo)
Il
procedimento per l'accertamento del passivo, quando il verbale di
verificazione dei crediti è stato chiuso prima dell'entrata in vigore
del presente decreto, prosegue secondo le norme anteriori.
Per
i fallimenti dichiarati anteriormente alla data di entrata in vigore
del presente decreto, alle domande di rivendicazione, di separazione o
di restituzione di cose mobili si applicano le disposizioni anteriori.
Art.
251
(Domande
tardive e istanze di revocazione)
Se
sono in corso giudizi su domande tardive per l'ammissione di crediti
al passivo o su istanze di revocazione contro crediti ammessi e le
cause relative non sono già state assegnate a sentenza, il tribunale
con ordinanza rimette le parti davanti al giudice delegato per la
prosecuzione del giudizio secondo le disposizioni degli artt. 101 e
102.
Art.
252
(Liquidazione
dell'attivo)
Se
prima della entrata in vigore del presente decreto è stata eseguita o
autorizzata la vendita di beni compresi nel fallimento il relativo
procedimento prosegue secondo le disposizioni anteriori.
Art.
253
(Ripartizione
dell'attivo)
Alla
ripartizione dell'attivo fra i creditori si applicano le nuove
disposizioni a meno che lo stato di ripartizione non sia stato già
reso esecutivo con ordinanza del giudice delegato pronunciata
anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Art.
254
(Rendiconto
del curatore)
Se
il curatore ha presentato il conto della gestione, ma questo non è
stato ancora approvato a norma delle leggi anteriori prima
dell'entrata in vigore del presente decreto, la procedura per
l'approvazione del conto prosegue secondo le nuove disposizioni.
Art.
255
(Concordato)
La
proposta di concordato presentata prima dell'entrata in vigore del
presente decreto conserva la sua efficacia se era valida secondo le
leggi anteriori.
L'approvazione
della proposta di concordato in relazione alla quale il giudice
delegato ha ordinato la convocazione dei creditori prima dell'entrata
in vigore del presente decreto ha luogo secondo le disposizioni
anteriori. Ma il giudizio di omologazione è regolato dalle nuove
disposizioni.
Se
un giudizio di omologazione di concordato è in corso, ma non ancora
assegnato a sentenza, alla data di entrata in vigore del presente
decreto, il tribunale rimette con ordinanza gli atti al giudice
delegato per la prosecuzione del giudizio secondo le nuove
disposizioni.
Gli
effetti e le modalità di esecuzione del concordato sono regolati
dalle nuove disposizioni, a meno che la sentenza di omologazione non
sia passata in giudicato prima dell'entrata in vigore del presente
decreto.
Tuttavia
i termini previsti dagli artt. 137 e 138 per l'esercizio delle azioni
di risoluzione e di annullamento si applicano anche ai concordati
omologati prima della data di entrata in vigore del presente decreto
con decorrenza dalla data medesima, a meno che il tempo ancora utile
per proporre l'azione, secondo le disposizioni anteriori, sia più
breve.
Art.
256
(Riabilitazione
civile)
Anche
per i fallimenti dichiarati anteriormente alla data di entrata in
vigore del presente decreto il fallito, che non ha già ottenuto la
cancellazione dall'albo dei falliti a norma delle leggi anteriori, può
chiedere la riabilitazione civile secondo le norme del presente
decreto.
La
cancellazione dall'albo dei falliti ottenuta a norma delle leggi
anteriori produce gli stessi effetti della riabilitazione civile.
Art.
257
(Azione
di responsabilità contro gli amministratori)
Il
giudice può autorizzare le misure cautelari previste dall'art. 146
anche se l'azione di responsabilità contro gli amministratori è
stata disposta prima dell'entrata in vigore del presente decreto.
Art.
258
(Versamenti
dei soci)
Nei
giudizi promossi contro soci per i versamenti ancora dovuti, in corso
alla data di entrata in vigore del presente decreto, se la causa non
è stata ancora assegnata a sentenza, il tribunale rimette le parti
con ordinanza davanti al giudice delegato, che provvede a termini
dell'art. 150.
Art.
259
(Piccoli
fallimenti)
Per
i piccoli fallimenti in corso all'entrata in vigore del presente
decreto si applicano le disposizioni anteriori.
Art.
260
(Concordato
preventivo)
La
procedura di concordato preventivo, per la quale prima dell'entrata in
vigore del presente decreto sia intervenuto il decreto previsto
dall'art. 4 della L. 24 maggio 1903, n. 197, sul concordato preventivo
e sulla procedura dei piccoli fallimenti, prosegue secondo le
disposizioni anteriori. Ma il giudizio di omologazione è regolato
dalle nuove disposizioni.
Per
i giudizi di omologazione in corso e per gli effetti e le modalità di
esecuzione del concordato si applicano le disposizioni dell'art. 255,
commi secondo, terzo e quarto.
Art.
261
(Liquidazione
coatta amministrativa)
Le
liquidazioni coatte amministrative in corso alla data di entrata in
vigore del presente decreto proseguono secondo le disposizioni
anteriori.
Se
per un'impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa è in
corso la procedura di fallimento o di concordato questa prosegue fino
al suo compimento.
Art.
262
(Iscrizione
nel registro delle imprese)
Fino
all'attuazione del registro delle imprese non si fa luogo alle
iscrizioni che secondo il presente decreto dovrebbero essere eseguite
in detto registro.
Tuttavia
i provvedimenti relativi alle società, per i quali sia prevista la
iscrizione nel registro delle imprese, sono iscritti nei registri di
cancelleria presso i tribunali, provvisoriamente mantenuti.
Art.
263
(Ruolo
degli amministratori giudiziari)
Col
regio decreto preveduto nell'art. 27, comma terzo, o con altro decreto
separato saranno riunite e coordinate le disposizioni in vigore
relative al fondo speciale preveduto nella L. 10 luglio 1930, n. 995.
Fino
a quando non sarà emanato il regio decreto anzidetto continueranno ad
osservarsi le disposizioni del R.D. 20 novembre 1930, n. 1595 e le
altre norme ora in vigore riguardanti la formazione dei ruoli e la
nomina e disciplina degli amministratori giudiziari.
Parimenti
continueranno ad osservarsi, fino a quando non sarà provveduto ai
sensi dell'art. 39, le norme contenute nel D.M. 30 novembre 1930 sulla
determinazione della misura dei compensi spettanti ai curatori dei
fallimenti.
Art.
264
(Istituto
di credito)
Quando
nel presente decreto si fa riferimento a istituti di credito, in detta
espressione s'intendono comprese, oltre l'istituto di emissione, le
imprese autorizzate e controllate a norma delle leggi vigenti
dall'ispettorato per la difesa del risparmio e per l'esercizio del
credito.
Art.
265
(Norma
di rinvio)
Le
disposizioni transitorie per il codice di procedura civile approvate
con R.D. 18 dicembre 1941, n. 1368, si applicano anche ai procedimenti
in corso connessi alle procedure di fallimento o di concordato
preventivo.
Art.
266
Disposizioni
abrogate
Con
l'entrata in vigore del presente decreto sono abrogate le disposizioni
del codice di commercio approvato con L. 2 aprile 1882, n. 681,
relative al fallimento, le disposizioni della L. 24 maggio 1903, n.
197, sul concordato preventivo e sulla procedura dei piccoli
fallimenti, della L. 10 luglio 1930, n. 995, sul fallimento, sul
concordato preventivo e sui piccoli fallimenti, salvo quanto disposto
dall'art. 263, nonché ogni altra disposizione contraria o
incompatibile con quelle del decreto medesimo.
|